Conto corrente: accertamento bancario ai parenti del contribuente, per chi
Notizie utili sul conto corrente e sugli accertamenti bancari che il fisco può fare ai parenti del contribuente. Ecco chi rischia di più.
Accertamento conto corrente parenti
L’accertamento bancario su un contribuente può essere effettuato anche sul conto corrente di terzi, ovvero di parenti o amici stretti del soggetto sotto controllo? La risposta la fornisce l’ordinanza n. 22089 dell’11 settembre 2018, con la quale la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro un contribuente libero professionista che aveva più redditi di quanto dichiarati nell’anno di imposta 2008. A favorire le indagini sul contribuente, anche il conto corrente di terzi, e in particolare quello dei genitori. Le indagini del fisco si sono infatti concentrate dapprima sul conto del contribuente, di cui era contitolare la moglie, e poi su quello dei familiari. E proprio in questo sono state rivelate delle movimentazioni sospette, con attività riconducibili al suo lavoro. Su questo conto, infatti, il soggetto sotto accertamento aveva anche delega a operare.
Conto corrente: accertamento bancario, prove analitiche spettano al contribuente
In merito a ciò sono importanti da sottolineare alcune parti dell’ordinanza citata. Facendo riferimento alla sentenza n. 14556/2018 della Cassazione (Sez. V), “questa Corte ha affermato che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal DPR 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, […] non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività”.
In sintesi, spetta al contribuente oggetto dell’accertamento dimostrare l’estraneità dei redditi presenti sul conto da quelli derivanti dalla sua attività lavorativa. Citando il DPR n. 600/1973, la Cassazione ricorda infatti che prelievi e versamenti operati su conto corrente bancario sono da imputare a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa.
Conto corrente di terzi: quando scatta l’accertamento bancario
Il principio sopra riferito, prosegue la Cassazione, “si applica, come la ristretta compagine sociale e il rapporto di stretta contiguità familiare tra l’amministratore o i soci e i congiunti intestatari dei conti bancari sottoposti a verifica, anche alle movimentazioni effettuate su questi ultimi”. In questo caso infatti, risulta “particolarmente elevata la probabilità che le movimentazioni sui conti bancari dei soci, e perfino dei loro familiari, debbano ascriversi allo stesso ente sottoposto a verifica”. Altre sentenze della Cassazione (n. 1898/2016) autorizzano l’Ufficio finanziario a effettuare accertamenti fiscali anche tramite indagini su conti correnti bancari “formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi e inerenti al reddito del contribuente”.
Conto corrente terzi e accertamento bancario: conclusioni
Analizzando un altro caso trattato sempre dalla Cassazione, è stato già stabilito che “in tema di imposte sui redditi, lo stretto rapporto familiare e la composizione ristretta del gruppo sociale è sufficiente a giustificare, salva la prova contraria, la riferibilità delle operazioni riscontrate sui conti correnti bancari di tali soggetti all’attività economica della società sottoposta a verifica”. Concludendo, qualora siano assenti le prove contrarie che giustifichino i versamenti e i prelievi riscontrati dall’indagine, “deve ritenersi soddisfatta la prova presuntiva a sostegno della pretesa fiscale, con spostamento dell’onere della prova contraria sul contribuente”.
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