Solo 15 casi in Italia. Per questo le case farmaceutiche non investono nella ricerca e al momento non esiste alcuna cura. Perché la TMAU, o sindrome da odore di pesce, è una vera e propria malattia.
Si tratta di un raro disturbo metabolico che provoca un difetto nella normale produzione dell’enzima flavina monoossigenasi (FMO3). Se prodotto scorrettamente o in modeste quantità, il corpo umano non riesce a degradare la trimetilammina (TMA), ammina che odora di pesce. Così quest’ultima si accumula nell’organismo e viene rilasciata attraverso la sudorazione, l’urina, il respiro e altri fluidi corporei, dando al soggetto affetto dal disturbo un forte odore di pesce. Questa rappresenta la variante congenita della malattia, la più nota, che inizia a manifestarsi già dallo svezzamento. Ma la TMAU può essere causata anche da malattie del fegato, alterazioni ormonali o intestinali, che provocano un’eccessiva produzione di TMA.
La storia di Erica, affetta dalla sindrome dell’odore di pesce
Della TMAU si sono occupate Le Iene, che hanno realizzato un servizio sulla storia di Erica, giovane donna affetta dalla sindrome dell’odore di pesce.
“Soffro di una malattia poco conosciuta ma molto invalidante. Dalla quinta elementare già pensavo al suicidio”. Perché già dalla sua infanzia Erica aveva capito che qualcosa non andava. “Io non sento il mio odore. E neanche la mia famiglia, assuefatta dall’odore stesso. Ma se ne accorgeva la gente intorno a me. Io vedevo situazioni strane e non capivo. Già da bambina, a scuola, tutti lamentavano questo forte odore. Solo io non lo avvertivo. Una volta a scuola di danza uscirono tutte dalla stanza e una ragazzina indicò me. E lì capii che c’era qualcosa che non andava”. Perché i sintomi non sono costanti. Il cattivo odore può anche non manifestarsi per giorni. Solitamente si intensifica con gli sforzi fisici, in seguito al consumo di determinati alimenti, con il caldo e in concomitanza con il ciclo mestruale nelle donne.
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TMAU: i sintomi e rimedi
“Io ho fatto controlli di ogni tipo” continua a raccontare Erica a Le Iene. “E riconducevano il tutto ad una questione psico somatica. Mi stavo convincendo che era una problematica mia mentale. Una paranoia”. Ma le persone continuavano ad evitarla, senza un motivo apparente. “Non c’era il coraggio, la forza di dirmi direttamente ‘Erica hai questa problematica’”. Fin quando l’ex fidanzato non identificò l’odore, “puzza di pesce marcio”, riconducendolo a lei. Da lì Erica si è attivata alla ricerca di uno specialista, arrivando alla Dottoressa Antonella Sidoti, che dirige il centro di ricerca dell’Università di Messina, l’unico in Italia ad occuparsi della TMAU. “Finalmente ho potuto dare un nome alla mia sofferenza. E non sono pazza, soprattutto” prosegue Erica.
“I casi conosciuti in Italia sono solo 15” riferisce la Dottoressa Sidoti, intervistata da Le Iene. “Molti altri, probabilmente, sono ancora alla ricerca di una soluzione. Normalmente, le case farmaceutiche non investono in questi pochi casi – continua la specialista – con la dieta è possibile ridurre l’emanazione di cattivo odore. Bisogna eliminare, o comunque limitare, quegli alimenti che più degli altri fanno produrre al corpo la trimetilammina”. Tra questi: pesce, uova, latte e derivati, carne rossa, fegato, fagioli, piselli, cavoli, broccoli, frutti di mare. Inoltre è necessario porre attenzione sui prodotti utilizzati per l’igiene personale. “Perché alcuni detergenti possono peggiorare l’emissione di questo cattivo odore” continua la Sidoti. Importantissimo anche il supporto psicologico. Gli affetti da TMAU, solitamente, tendono ad isolarsi, a sviluppare vere e proprie ossessioni per la pulizia – per di più completamente inutili – a cadere in depressione. E, nel peggiore dei casi, a manifestare tendenze suicide.
TMAU: informazioni utili
“Per questo ci sto mettendo la faccia” conclude Erica. “Perché chi soffre di questi sintomi possa uscire allo scoperto, senza vergogna”.
Per sapere se si soffre di TMAU, l’Università di Messina ha sviluppato un test genetico. Per maggiori informazioni, scrivere a infotmau@unime.it o visitare la pagina web dell’UniMe.
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