Nel lavoro dipendente o subordinato, una regola fondamentale è che il datore di lavoro o azienda dettano le condizioni entro le quali ciascun lavoratore deve operare. Esse sono spesso istruzioni o indicazioni o programmi. Altre volte sono veri e propri ordini di servizio. Vediamo di seguito che cosa si intende con questi termini e come un lavoratore possa opporsi ad esso.
Ordine di servizio: che cos’è e quali caratteristiche ha
L’ordine di servizio non è altro che una manifestazione concreta del potere direttivo del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti. Nelle forme, esso è dato da una direttiva scritta e firmata da un dirigente dell’azienda o della Pubblica Amministrazione, e comporta – per un singolo lavoratore o più lavoratori – una soluzione immediata a eventuali criticità emerse nell’ambiente di lavoro. Un esempio di ordine di servizio può essere quello relativo al dovere imposto al dipendente, di rientrare subito dalle ferie per sostituire qualcuno o per esigenze di produzione. Altro caso è quello legato all’obbligo di svolgere ore di straordinario.
In sintesi, circa le caratteristiche che deve avere, tale comando è sempre tempestivo. Pertanto deve essere sottoscritto dal responsabile del servizio e consegnato con anticipo, in busta aperta direttamente nelle mani del dipendente. Inoltre deve essere giustificato, riportare una data di emissione ed indicare con chiarezza il destinatario e le mansioni da svolgere.
Come comportarsi in caso di ordine di servizio illegittimo?
Non sempre però l’ordine di servizio ha un valido fondamento. Può capitare che al lavoratore sia impartito un comando illegittimo, e pertanto contrario alle norme di legge, a quelle del contratto collettivo o al contratto individuale del lavoro. Un contenuto illegittimo si ha, per esempio, nel caso di una modifica dell’orario da full time a part time senza accordo delle parti; altro caso di illegittimità è quello legato ad una direttiva che imponga ore di straordinario, oltre il massimo stabilito dalla legge. In queste circostanze, il lavoratore ha certamente diritto di contestare ed opporsi all’ordine di servizio. Però, come anche ribadito dalla Corte di Cassazione, dovrà prima eseguire l’ordine – pur illegittimo – al fine di non incappare in procedimenti disciplinari; successivamente, il lavoratore vittima di un ordine non conforme alla legge potrà, nelle sedi opportune, veder tutelato il suo diritto.
Al contrario, se il lavoratore si opponesse alla richiesta del datore di lavoro e non adempisse all’ordine, potrebbe configurarsi un caso di insubordinazione che avvierebbe un procedimento disciplinare a suo danno, con possibili sanzioni come la sospensione dal servizio o addirittura il licenziamento.
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Quando l’ordine può essere rifiutato?
La Cassazione ha ammesso la possibilità di rifiutare di eseguire l’ordine di servizio solamente in specifiche ipotesi. Anzitutto, il rifiuto sarà legittimo in caso di palese e totale inadempimento dell’azienda o della PA, circa gli obblighi verso il dipendente. Ciò ad esempio qualora il datore di lavoro non sia in regola con il versamento dello stipendio. Altro caso in cui sarà possibile non adempiere all’ordine sarà quello in cui il provvedimento costringerebbe il lavoratore a compiere un reato penale. In queste circostanze, come disposto dall’articolo 51 del Codice Penale, il dipendente dovrà chiarire in forma scritta i motivi del suo rifiuto. Infine, l’ordine di servizio potrà essere non rispettato nei casi in cui sussista una causa di forza maggiore o per stato di necessità.
Come contestare l’ordine di servizio?
Dicevamo prima che al lavoratore conviene comunque adempiere all’ordine di servizio, considerato illegittimo. Ciò non toglie però che egli possa, in un secondo tempo, tutelare i suoi diritti. In queste circostanze, sarà opportuno avvalersi della consulenza e difesa di un avvocato che, con una lettera ad hoc, impugnerà l’ordine di servizio, chiedendo al datore di lavoro la cancellazione degli effetti ed il ritorno alla situazione iniziale. L’azienda però potrà decidere di non tornare indietro su suoi passi, opponendosi alle richieste suddette. A questo punto, non resterà che rivolgersi al giudice del lavoro, il quale stabilirà con sentenza se l’ordine di servizio è legittimo o no. Se considerato legittimo, il dipendente potrà comunque fare appello; se invece considerato illegittimo, il giudice annullerà contestualmente il provvedimento e obbligherà azienda o PA a riportare la situazione allo stato precedente all’ordine di servizio.
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