È il primo ministro uscente Benjamin Netanyahu il vincitore delle elezioni legislative in Israele. Il testa a testa con la formazione Bianco e Blu guidata dall’ex generale Benny Gantz sembra infatti essersi risolto in favore dell’uomo alla guida del paese sin dal 2009.
Sia Netanyahu che Gantz si sono detti vincitori non appena si sono chiuse le urne. La ragione sta nel sostanziale equilibrio tra i rispettivi partiti, entrambi accreditati a circa 35 seggi. Ma se tra le singole formazioni è emersa di fatto una parità, Netanyahu è invece in vantaggio per quanto riguarda la possibilità di formare una coalizione con altri partiti. E quindi di avviare il processo di formazione del governo.
Elezioni Israele: Netanyahu ha il sostegno dei partiti di destra e religiosi
Netanyahu ha parlato di “vittoria immensa”. Una coalizione del Likud formata insieme a diverse formazioni di ispirazione religiosa, di destra e di estrema destra, ricalcata sulla forma dell’attuale esecutivo, porterebbe Netanyahu a contare su circa 65 voti sui 120 disponibili in totale alla Knesset, il Parlamento di Israele.
Infatti, potrà aggiungere ai seggi del Likud gli otto a testa dei partiti di marca religiosa Torah Unità e Shas. Aggiungendo a questi i cinque di Ysrael Beiteinu e dell’Unione della Destra, così come i quattro del partito di centro Kulano. Gantz si fermerebbe invece a soli 54, ottenendo il sostegno delle formazioni più tendenti a sinistra.
Decisiva la bassa affluenza alle urne della popolazione arabo-israeliana, sempre più disillusa dalla politica istituzionale del paese. Nonostante questo entrambi i partiti arabi entrano alla Knesset. Uno scandalo relativo a presunte telecamere collocate da membri delle forze armate all’interno dei seggi arabi, che violerebbero in maniera grave il segreto dell’urna come denunciato dal partito Hadash, ha caratterizzato le ultime ore del voto.
Elezioni Israele, male i laburisti e l’ultradestra di Bennett
Tra gli sconfitti, il partito Nuova Destra guidato dall’ex partner di Netanyahu Naftali Bennett. Malissimo anche i laburisti, ai minimi storici e capaci di guadagnare solo sei seggi. I voti definitivi e ufficiali arriveranno soltanto nella giornata di giovedì, ma il dato sembra ormai acclarato.
Il presidente del paese Rivlin dovrebbe quindi nei prossimi giorni consegnare a Netanyahu l’incarico di formare il governo. Anche se Bianco e Blu dovesse alla fine superare il Likud in termini percentuali, le consultazioni dovrebbero fare emergere con chiarezza che l’unica possibilità di un governo di maggioranza sta nelle mani di Netanyahu.
Non dovrebbe influire in questo la serie di procedimenti giudiziari che Netanyahu ha in corso, e che hanno senza dubbio funestato la sua campagna elettorale. Nonostante questo, Netanyahu esce vincitore dalle urne, diventando il più longevo primo ministro israeliano, superando anche David Ben Gurion.
Netanyahu rimane instabile, ma ha dalla sua parte Trump
Ad ogni modo, non è detto che le sue peripezie giudiziarie non tornino ad avere un peso in futuro. In particolare, per quanto riguarda la stessa stabilità politica di Netanyahu. In estate il procuratore generale del paese deciderà se rinviarlo o meno a giudizio. Se ciò dovesse accadere, Netanyahu potrebbe essere forzato alle dimissioni. Israele dovrebbe così tornare al voto od eleggere un nuovo premier.
In gioco ora c’è anche la stessa forza contrattuale di Netanyahu di fronte agli alleati. Questi potrebbero tenere “sotto ricatto” in maniera permanente il primo ministro, anche durante le prossime trattative per la formazione del governo. In questo senso il prossimo “Piano di Pace” per il Medio Oriente che verrà proposto a breve dagli Stati Uniti sarà decisivo. Ogni concessione ai palestinesi potrebbe mettere in difficoltà un futuro governo Netanyahu soprattutto rispetto alle formazioni ebraiche ortodosse che sosterranno il suo prossimo governo.
Va detto che è difficile aspettarsi decisioni in tal senso. Tra il riconoscimento della sovranità israeliana su Gerusalemme e quello riguardo alle Alture del Golan, Trump si è dimostrato finora il più grande alleato di Netanyahu e delle sue politiche. È probabile che con un nuovo governo Likud, appoggiato soprattutto dalla destra e dagli ortodossi, nuove tensioni con l’Iran e un aggravamento della crisi con i palestinesi saranno all’ordine del giorno.
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