Con l’entrata in vigore del Jobs Act, nel marzo del 2015 è stato introdotto il contratto a tutele crescenti. Si tratta di una forma di contratto che prevede alcune agevolazioni per le aziende che assumono, ma che di fatto va a modificare l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, sul tema del licenziamento. Il contratto a tutele crescenti è praticamente un contratto a tempo indeterminato applicabile a operai, impiegati e quadri, che tuttavia presenta alcune differenze rispetto al contratto a tutela piena.
Contratto a tutele crescenti 2019: cosa cambia
Prima del Jobs Act, infatti, il lavoratore era tutelato in caso di licenziamento illegittimo, poiché nelle aziende con almeno 15 dipendenti gli sarebbe spettato il reintegro. Con l’introduzione di questa forma contrattuale, tale aspetto normativo cambia, perché il lavoratore non avrà più diritto al reintegro, bensì a un indennizzo economico. Quest’ultimo funzionava con un meccanismo “a tutele crescenti”, alzandosi di più in base all’anzianità di servizio del soggetto.
Contratto a tutele crescenti 2019: cosa dice la Corte Costituzionale
Sotto questo aspetto c’è però da segnalare una sentenza della Corte Costituzionale (la n. 194 del 25 settembre 2018), nella quale si dichiara illegittima la parte della Legge che prevede un meccanismo di indennità quale risarcimento del danno nel caso di recesso ingiustificato determinato in misura fissa (due mesi) e correlato all’anzianità di servizio. Oltre all’anzianità di servizio e al numero delle mensilità, bisognerà dunque valutare altri criteri, come il numero dei dipendenti in azienda, le dimensioni dell’impresa e il comportamento delle parti in causa.
Contratto a tutele crescenti 2019: licenziamento e reintegro, in quali casi è previsto
Ci sono dei casi in cui al licenziamento, anche dopo il Jobs Act, può seguire il reintegro. Si tratta di quegli episodi in cui il licenziamento risulta illegittimo per motivi discriminatori, per nullità dello stesso o per errori formali. Più nel dettaglio:
- Discriminatorio: per motivi religiosi, politici, di razza, sesso, età e per partecipazione ad attività sindacali;
- Nullo: verificatosi durante i periodi di tutela (gravidanza, fino a 1 anno di età del figlio, primo anno di matrimonio, durante il congedo parentale);
- Illecito: con riferimento normativo all’articolo 1345 del Codice Civile;
- Intimato/Inefficace: ovvero detto in forma orale;
- In difetto di giustificazione: avvenuto per cause che richiamano alla disabilità fisica o psichica del lavoratore.
Contratto a tutele crescenti 2019: come funziona per le aziende
Il contratto a tutele crescenti agevola le aziende che assumono da più parti. Da un lato perché per i primi 3 anni di contratto sono previste agevolazioni fiscali. Dall’altro perché consentono loro un licenziamento più facile, in cambio dell’indennizzo ed evitando la possibilità del reintegro del lavoratore (salvo i casi visti sopra). Va anche detto che dopo i 3 anni questo tipo di contratto diventa a tutti gli effetti un contratto a tempo indeterminato, risultando così più oneroso perché le agevolazioni previste nel primo triennio giungono al termine.
Contratto a tutele crescenti 2019: come funziona per il lavoratore
Archiviato il capitolo licenziamento, va detto che il contratto a tutele crescente può applicarsi agli operai, agli impiegati o ai quadri, mentre sono esclusi da questo tipo di contratto i ruoli dirigenziali. Il contratto a tutele crescenti si applica ai neoassunti con contratto a tempo indeterminato, ma anche alle conversioni dei contratti vigenti (apprendistato o a tempo determinato) a tempo indeterminato.
Il lavoratore con questo tipo di contratto licenziato o dimessosi per giusta causa avrà comunque il diritto di percepire la Naspi, ovvero l’indennità di disoccupazione.
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