Impronte digitali a scuola: esclusi e inclusi, presidi in protesta
L’associazione nazionale presidi annuncia battaglia dopo l’approvazione alla Camera del ddl Concretezza sull’uso delle impronte digitali nelle scuole
Licenziati i vecchi badge, per registrare entrata ed uscita dal luogo di lavoro dei dipendenti pubblici tra non molto saranno utilizzate le impronte digitali.
A stabilirlo è il disegno di legge Concretezza, licenziato alla Camera mercoledì 10 aprile con 272 voti a favore e 192 contrari.
Il testo, che passa ora all’esame del Senato, è stato presentato dal ministro per la Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, insieme ai ministri Salvini, Stefani, Buffetti e Tria.
Obiettivo del provvedimento è dare maggiore efficienza alla pubblica amministrazione, anche attraverso una più mirata lotta all’assenteismo.
Proprio per contrastare il cosiddetto fenomeno dei “furbetti del cartellino“, il ddl introduce sistemi di verifica biometrica dell’identità e apparati di videosorveglianza degli accessi, al posto degli attuali meccanismi di rilevazione automatica.
La misura, così come formulata, coinvolgerà anche i dipendenti delle scuole, fatta eccezione per i professori. Durante l’esame del testo in Commissione cultura, infatti, i deputati hanno escluso i docenti dal provvedimento anche a causa delle accese proteste dei sindacati. I controlli sono invece rimasti per i presidi.
Impronte digitali a scuola, presidi: “Misura vessatoria”
“Quali miglioramenti vi attendete se quella disposizione sarà convertita in legge? In cosa migliorerà la Pubblica Amministrazione? Sarà forse più vicina alle esigenze dei cittadini, con dei dirigenti sviliti da forme di controllo superflue e irrilevanti? “. A scrivere queste domande, in una lunga lettera rivolta ai vicepremier Luigi di Maio e Matteo Salvini è Antonello Giannelli, presidente dell Anp, l’associazione nazionale presidi.
Per Giannelli, quindi, “l’obbligo di sottostare a controlli inutili è una misura unicamente vessatoria“.
Per questo motivo, il numero uno dell’Anp chiede ai due azionisti di governo ” di compiere un vero gesto politico: fate emendare il testo in discussione al Senato, eliminando quella misura inutilmente vessatoria nei confronti dei dirigenti pubblici, fedeli servitori dello Stato“.
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