L’eliminazione della Juventus dalla Champions League per mano dell’Ajax farà discutere per un po’ di tempo. E non solo noi italiani. Inaspettata forse, clamorosa non tanto, preventivata assolutamente no. In primis è stata una lezione di coraggio, verso la Juve, l’Italia intera e tutto il movimento calcistico moderno. Professore un club che negli ultimi dieci anni ha guadagnato quasi 300 milioni di euro dalla cessione dei soli prodotti del proprio vivaio.
Questo in un momento storico nel quale anche le super cantere di Barcellona e Real Madrid faticano a produrre qualcosa di significativo. La guida un ragazzino di 19 anni con la fascia al braccio che ha deciso la qualificazione contro una delle squadre più forti d’Europa. Quell’Europa che lo corteggia incessantemente da ormai tanti mesi.
Direttore d’orchestra Erik Ten Hag, coraggioso sì, pazzo forse il tanto giusto, un allenatore che prima di sedere sulla panchina più importante d’Olanda non ha avuto certo un curriculum da far invidia. Ma che ora attira i riflettori di tutto il mondo, con la speranza di carpire qualche suo segreto.
L’Ajax si è messo a far a spallate con l’Europa intera, mettendo d’accordo (forse) tutti quanti e portando a casa le pelli delle due super favorite. In casa loro. Niente da dire insomma, magari non la vinceranno ma il loro segnale lo hanno dato. E pure bello forte e chiaro.
I lancieri sono ora paragonabili a degli anticonformisti del calcio. Proseguono per la loro strada e le loro idee, con un mix che si è già rivelato vincente comunque vada. Made at home, come accadeva un tempo, quando quasi mezzo secolo fa Ajax era sinonimo di terrore per gli avversari, quella macchina perfetta che tra il 1970 e il 1973 vinse tre Coppe dei Campioni di fila.
L’ossessione Champions League della Juventus
Dall’altra parte una Juventus che di anticonformistico ha dimostrato di non aver nulla. Solite idee, solito gioco, solito tutto. I bianconeri hanno sbattuto contro se stessi e Allegri probabilmente non se ne è bene reso conto. Il dominio italiano ormai ha poca rilevanza e lo dicono i tifosi stessi, che probabilmente firmerebbero per non vincere nei confini italiani e farlo in quelli europei almeno una volta. Le foto della vittoria di Roma del 1996 proprio contro l’Ajax vanno via via sbiadendosi e le grandi orecchie sono diventate ormai un’autentica ossessione.
Nell’ambiente negano questo, ma se in estate parti e al ritorno porti a casa con te uno dei giocatori più forti della storia del calcio, qualcosa significa. Gli scudetti, le Coppe Italia e le Supercoppe Italiane le vinci a prescindere ora come ora, ma Cristiano Ronaldo lo hai preso per vincere la Champions League, poche chiacchiere.
Allegri da condottiero è diventato in pochi mesi scoglio. Troppo legato alle sue idee che, condivisibili o meno, non hanno di certo aiutato a raggiungere il tanto agognato obiettivo, tutt’altro. Piacersi troppo può diventare controproducente, quando basterebbe soltanto essere più aperti alle diversità.
L’ammissione di umanità di Cristiano Ronaldo
“Mamma, non faccio miracoli…“. Testo e musica a cura di Cristiano Ronaldo. Conoscendo la sua attitudine nel lavoro, queste parole del portoghese sembrerebbero quasi un eufemismo. E invece no. Le ha pronunciate davvero, a mamma Dolores, dimostrando come anche i supereroi abbiano tratti distinti umani.
D’altronde è l’ultimo dei responsabili di questo crack europeo bianconero. Nella gara contro di ritorno contro l’Atletico ha preso in mano non solo una squadra ma un intero sistema chiamato Juventus, portandolo sotto la sua ala protettrice e dimostrando ancora – se mai ce ne fosse stato il bisogno – di avere una marcia in più rispetto agli altri. Ma stavolta non avrebbe potuto davvero ripetersi. Di fronte a dei ragazzini terribili, tutti quanti avrebbero dovuto tendere la propria mano, in primis l’allenatore.
Per chiudere, è bene sempre ricordarsi che – nonostante tutto – il calcio da tante seconde possibilità a tutti. Ma stavolta qualcosa dovrebbe cambiare per davvero.
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