I venti di guerra soffiano di nuovo sulla Libia; non che ai tempi di Gheddafi la situazione fosse più semplice. Dalla caduta del Colonnello in poi è sempre stato difficile parlare di pace nel Paese. La pace è un obiettivo ancora più lontano in Siria dove nonostante il progressivo indebolimento dell’Isis, è ancora lontano un qualsiasi tipo di ritorno alla “normalità”. Entrambe sono solo le situazioni più “gravi”, quelle che in modo più pressante riescono a tenere viva – si fa per dire – l’attenzione sul mondo mediorientale.
Eppure, nel frattempo, il Medioriente continua a pulsare freneticamente. Un’ondata di proteste che potrebbe sfociare in una nuova “primavera araba” sta attraversando l’Algeria; da tempo il Qatar si è aperto al mondo, nel bene e nel male, complice l’organizzazione dei prossimi mondiali di calcio. Tanto per rimanere in tema, l’ultima edizione della Supercoppa italiana ha portato in superficie le relazioni controverse tra Italia e Arabia Saudita. Le tensioni sorte intorno al ruolo internazionale di Turchia, Egitto, Iran e Pakistan continuano ad agitare la politica. A questo punto, non si può non citare il recente colpo di stato in Sudan tra le vicende che fanno capolino in prima pagina per poi scomparire in silenzio. A tal proposito, che cosa sta succedendo in Afghanistan e Iraq? Come si sta evolvendo il conflitto nello Yemen? Che fine hanno fatto i curdi?
Forse molti pensano di essere aggiornati. In verità, lo stesso concetto di Medioriente – volendo – è oggi in discussione. Dove comincia? Dove finisce? Ponendo pure che alla fine si possa essere concordi, seppur in linea massima, relativamente a una sua delimitazione, nella maggior parte dei casi le attenzioni mediatiche riservate all’area sono comunque declinate esclusivamente in funzione Occidentale. Insomma, quanto possiamo dire di conoscere davvero il Medioriente? Anche qualora le attenzioni si fossero tradotte in uno studio approfondito, quanto è possibile ritenere che le informazioni in nostro possesso siano aggiornate? D’altronde, si parla di una vasta porzione di mondo che affronta, ormai da decenni, profondi cambiamenti; cambiamenti, però, sono tutt’altro che in procinto di assestarsi, cristallizzarsi. Gli stessi confini degli Stati osservabili su una qualunque mappa, attualmente, lasciano il tempo che trovano per descrivere gli avvenimenti più recenti.
“Il trono di sabbia”: dentro al potere in Medio Oriente
Il “Trono di Sabbia. Stato, nazioni e potere in Medio Oriente” cerca di illuminare i punti oscuri di questo intricato contesto. Il volume curato da Pandora Rivista per l’editore Rosenberg & Sellier, infatti, prova a fornire uno strumento utile per orientarsi all’interno del complesso scenario mediorientale alla luce, appunto, dei più recenti avvenimenti che l’hanno scosso. Come ha spiegato a Termometro Politico lo stesso direttore di Pandora Giacomo Bottos: “Il libro ruota intorno al concetto di Stato e cerca di comprendere come le statualità si articolino in una regione dove le dinamiche di potere assumono una elevatissima complessità. La stessa immagine suggerita nel titolo – “Il trono di sabbia” – accenna ad una congenita instabilità degli stati della regione, dovuta all’incrociarsi di fattori storici, politici, economici e sociali stratificati l’uno sull’altro”.
Lo stesso approccio scelto dagli autori individua il tentativo di creare un vademecum di facile consultazione ma che non manca di indagare a fondo le peculiarità di ciascun paese dell’area e i rapporti che legano questi ultimi l’uno all’altro. Sempre Bottos ci spiega: “il volume è diviso in due parti. La prima, più teorica, analizza alcune questioni di fondo che deve affrontare chiunque voglia occuparsi della regione: il settarismo, l’autoritarismo, lo stato rentier, il rapporto tra stato e Islam e la questione della legittimità. La seconda parte invece indaga le peculiarità di ciascun paese dell’area, anche alla luce dei problemi evidenziati in precedenza. Vengono così analizzate le monarchie del golfo, la Siria, l’Iran, l’Egitto, la Libia, la Turchia e l’Arabia Saudita”.
In pratica, “Il libro – introdotto da una prefazione a cura del direttore di ISPI Paolo Magri – contiene tredici interviste ad esperti italiani di Medio Oriente rinomati (come Alberto Negri, Lorenzo Trombetta, Massimo Campanini, Arturo Varvelli) e a giovani ricercatori e ricercatrici (come Annalisa Perteghella, Alberto Gasparetto o Irene Costantini)”. In tal modo, si riesce a fotografare un paesaggio ampio e sfaccettato oltre che in continua evoluzione, troppo spesso, per incuria o fretta, interpretato in modo semplicistico, stilizzato, proverbiale: “il libro cerca anche di evitare o comunque di problematizzare alcuni dei più stereotipati paradigmi di lettura del Medio Oriente, come il conflitto sunniti-sciiti o l’immagine di una regione arcaica, cristallizzata in tribalismi e contrapposizioni ataviche”. Grazie alla lettura di “Trono di sabbia”, insomma, sarà possibile superare una narrazione per slogan del Medioriente e accedere ad un livello di analisi che troppo spesso resta confinato a un pubblico di soli studiosi.
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