Il reato di diffamazione, negli ultimi tempi, è diventato non infrequente. Anche a causa dell’utilizzo sempre maggiore di internet, è sempre più facile oltrepassare il confine del diritto di critica e sfociare in una dichiarazione lesiva e offensiva della reputazione altrui. Vediamo di seguito cosa dice la legge in proposito e come tutelarsi.
Reato di diffamazione: che cos’è e quali sono i requisiti
È chiaro che oggigiorno, anche grazie al fenomeno globale dei social network, tutti hanno diritto e possibilità di esprimere, in forma scritta o orale, commenti, giudizi, pareri e opinioni di vario tipo. Il punto però è capire quando il commento, la frase che esprime un punto di vista non è più semplice espressione del diritto di critica, bensì un vero e proprio insulto, integrante il reato di diffamazione.
L’art. 595 del Codice Penale – relativo al reato di diffamazione – fa riferimento appunto ad una comunicazione con più persone, che offenda l’altrui reputazione, e tutela pertanto l’onore in senso soggettivo del soggetto leso, inteso come considerazione che la collettività ha della vittima del reato. Deve trattarsi di una comunicazione fatta in presenza di almeno due persone in grado di percepire le parole offensive (esclusi il soggetto agente e la persona offesa). I giudici peraltro ritengono configurato il delitto in esame anche quando l’offesa sia comunicata ad una persona sola, affinché quest’ultima, poi, la comunichi ad altre in un secondo tempo.
Appare opportuno far notare che diffamazione e ingiuria sono due concetti distinti: quest’ultimo infatti intende un’offesa rivolta a chi è presente (ed è un illecito depenalizzato dal 2016); il reato qui considerato invece consiste in un attacco a una o più persone non presenti, ovvero non solo assenti fisicamente, ma anche non in grado di percepire l’offesa.
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Che cosa fare in caso di diffamazione?
La giurisprudenza della Cassazione ha avuto svariate occasioni, negli ultimi anni, per pronunciarsi e prendere posizione sulla distinzione tra diritto di cronaca e di critica e reato di diffamazione. Fondamentalmente ha sancito che tale diritto, per non sfociare in un vero e proprio reato, deve mantenersi nei limiti della verità (corrispondenza alla realtà), della pertinenza, dell’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti, e della continenza (ossia l’espressione pacata e serena delle proprie opinioni). Se questi limiti sono sforati, allora la vittima della diffamazione potrà ottenere tutela attraverso la denuncia penale.
Però, a tal fine, sarà necessario che l’interessato raccolga quante più prove possibili a sostegno della propria tesi. In particolare, la denuncia sarà raccolta e considerata dalla Polizia Postale, nel caso di offese su internet. Nelle altre ipotesi, sarà sufficiente recarsi dai Carabinieri ed esporre il fatto. In specifici casi, inoltre, sarà possibile servirsi della tutela offerta dal Garante della Privacy per l’illegittima pubblicazione di una notizia che, pur corrispondente alla realtà, è però vecchia, non più attuale e non più di interesse pubblico (si tratta del cosiddetto diritto all’oblio, ovvero alla cancellazione della notizia).
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