Nulla da fare per i dipendenti pubblici: le speranze di una nuova normativa sul Tfr attualmente differito e rateizzato una volta terminato il rapporto di lavoro si riducono considerevolmente dopo una recente sentenza della Corte Costituzionale. La Corte ha infatti respinto il ricorso di una signora che era andata in pensione, non per età o per il termine del servizio, protestando contro il differimento della liquidazione di 24 mesi e contro la rateizzazione del pagamento.
Tfr a rate è lecito: ecco perché
L’Ufficio stampa della Corte, al termine della pronuncia della stessa, ha reso noto come, nello specifico caso singolo, le ragioni della ricorrente siano state dichiarate infondate. La ricorrente era una dipendente del Ministero della Giustizia andata in pensione dopo 42 anni di lavoro, nel 2016. La prima rata di Tfs spettante le è stato liquidato solo a dicembre 2018, ovvero a 24 mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.
Tfr: sentenza Corte Costituzionale, cosa cambia?
Ma questo caso avrà influenze sulla decisione definitiva della Corte Costituzionale relativa al Tfr per i dipendenti pubblici e alla futura possibilità di equipararne diritti e tempistiche come per i dipendenti privati?
Difficile fornire una risposta, perché non è ancora chiaro il futuro delle indennità di fine servizio per tutti quei lavoratori che, a differenza della ricorrente sopraccitata, sono usciti dal mondo del lavoro per il raggiungimento dei requisiti anagrafici o per aver maturato i termine di servizio.
Tfr differito per contenere bilancio Inps
Sul caso in questione, l’avvocato Antonio Mirra, intervenuto per conto del sindacato Confsal-Unsa e per tutelare la ricorrente, ha affermato come nella relazione dell’Inps sia evidenziato come “l’impatto di una eventuale sentenza favorevole di accoglimento del ricorso avrebbe un costo di 9 miliardi per il primo anno”. Precisando inoltre che per l’avvocatura generale dello Stato, il differimento del Tfr risulti “legittimo perché non priva il lavoratore della pensione” e al tempo stesso risulti “un sacrificio compatibile per il contenimento del bilancio Inps”.
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