Mentre i retroscena racconta di un Matteo Salvini furioso con gli alleati di governo per l’affaire Siri, il ministro dell’Interno ostenta tranquillità.
Intervistato da Quotidiano.net dice di essere pronto per tornare a lavoro dopo una meritata pausa in montagna insieme ai figli. Ma, soprattutto, tranquillizza ufficialmente la maggioranza sulla tenuta del governo: “Non ci penso neanche. Ho, anzi abbiamo, ancora troppe cose da fare“.
E agli attacchi lanciati da Conte e Di Maio, intervistati rispettivamente dal Corriere della Sera e da Repubblica, risponde serafico. “Non ho aperto i giornali e non ho guardato i siti. Sono qui a Pinzolo, in Trentino, in un posto magnifico, si figuri se penso a queste chiacchiere. Con i miei figli ho fatto tre ore di bicicletta, poi siamo andati al campo giochi… Ho parlato con i papà, con i nonni, con le mamme: è così che un politico resta in contatto con la vita reale. Non restando chiuso nel Palazzo e andando dietro alle polemiche“.
Salvini: “Pretendere le dimissioni di Siri non è da Paese civile”
Un caso Siri però esiste. Così come esiste la richiesta, formulata da più lati nel Movimento Cinque Stelle, di fare un passo indietro. Richiesta alla quale il ministro grillino Danilo Toninelli ha aggiunto la revoca delle deleghe per il sottosegretario indagato.
“Vorrei intanto ricordare che in un Paese civile ciascuno è innocente fino a prova contraria. E pretendere le dimissioni all’inizio degli accertamenti della magistratura non è da Paese civile“, sottolinea il leader del Carroccio.
E, in chiusura, non risparmia una frecciatina all’indirizzo degli alleati: “Se così non fosse, perché la Raggi non si è dimessa quando è stata indagata? È rimasta sotto indagine per due anni, poi è stata assolta. E se si fosse dimessa”?
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