24 anni senza Andrea Fortunato: stella splendente nel cielo della Serie A
Andrea Fortunato era uno dei più promettenti terzini italiani dei primi anni ’90. Il 25 Aprile 1995 la leucemia ha spento il suo sorriso per sempre.
24 anni senza Andrea Fortunato: stella splendente nel cielo della Serie A
Genova, 26 Febbraio 1995: a Marassi la Sampdoria di Sven Goran Eriksson ospita la Juventus di Marcello Lippi. A dieci minuti dal termine, la partita è ancora bloccata sullo 0-0 ma i blucerchiati hanno sfiorato più volte il gol del vantaggio. Ed è proprio a questo punto che Gianluca Vialli decide di cambiare le sorti del match: con una finta di corpo supera a centrocampo Pietro Vierchowood, scatta verso l’area di rigore, di forza si libera di altri due avversari e, con un destro potentissimo da posizione decentrata, batte Walter Zenga sul suo palo: 1-0.
Vialli non esulta, è l’ex della partita ma nei suoi occhi sembra esserci altro, come una velata tristezza.
Genova, 26 Febbraio 1995: in tribuna a Marassi c’è un giovane ragazzo di 23 anni che, appena l’anno precedente, era il terzino sinistro titolare dei bianconeri e con il numero 3 sulle spalle, imperversava sulla fascia mettendo in difficoltà le difese avversarie. Il suo nome è Andrea Fortunato e la sua presenza sugli spalti è frutto della prima convocazione stagionale. Andrea non è infortunato, né tantomeno ha litigato con Lippi. Ha trascorso 9 mesi molto difficili ma adesso il peggio sembra essere passato. Il giovane calciatore quel giorno è felice come un bambino nel tifare e vedere vincere la sua squadra, che segue sin da quando è piccolo. A fine partita va a trovare i compagni nello spogliatoio che lo abbracciano e lo riempiono di affetto. Andrea sembra pronto a tornare.
Nessuno però può immaginare che quello sarà l’ultimo momento di gioia prima di un tragico epilogo.
Dalla Giovane Salerno al Como: i primi passi di Andrea Fortunato nel mondo del calcio
Nato a Salerno il 26 Luglio 1971, Fortunato da bambino pratica soprattutto nuoto e pallanuoto. Il calcio è solo un passatempo per il giovane Andrea, il quale però viene notato da un talent scout locale, Alberto Massa, che lo convince a unirsi alla Giovane Salerno, squadra dilettantistica.
Il ragazzo si mette subito in mostra e, nel 1984, neanche 13enne, sostiene provini per società di Serie A e B: Torino, Cesena, Empoli, Napoli e Como. Alla fine sono proprio i lombardi ad accaparrarsi il cartellino di Andrea, avendone intuito più di tutti le grosse potenzialità.
Fortunato, quindi, a 14 anni compie la prima scelta importante della sua vita: andare via da Salerno per inseguire quello che adesso è il suo più grande sogno: diventare un calciatore.
Non è certo una decisione facile da prendere. Andrea è ancora minorenne, proviene da una famiglia benestante e il trasferimento, da solo, in Lombardia potrebbe non essere alla sua portata. Tutto questo, però, non lo spaventa: è un ragazzo già maturo, dai sani principi, e dimostra un’umiltà e una determinazione disarmanti.
Prima di partire, papà Giuseppe e mamma Lucia chiedono al figlio solo una cosa: continuare a studiare e prendere il diploma per crearsi una strada alternativa nel caso in cui con il calcio non dovesse finire bene:
“I miei genitori, che non mi hanno mai ostacolato nelle scelte, quando partii per Como, mi chiesero semplicemente di non trascurare gli studi. Promisi e, naturalmente, mantenni”.
Il ragazzo studia e gioca, percorre tutta la trafila nelle giovanili e, nel 1989, esordisce in prima squadra. È il 22 Ottobre, Andrea ha 18 anni. A fine stagione le presenze sono 16. Tuttavia, il Como retrocede, nonostante le buone prestazioni di Fortunato che, a Giugno, si diploma in ragioneria.
La stagione 1990-1991 è quella della consacrazione: divenuto titolare fisso nell’undici lariano, Eugenio Bersellini lo fa giocare praticamente sempre. Lui dimostra una duttilità tattica impressionante: se nelle giovanili aveva iniziato a ricoprire il ruolo di mezz’ala sinistra e, talvolta, anche quello di mediano, ora Andrea gioca da terzino nella medesima fascia, posizione che lo farà notare da numerose squadre di Serie A. All’occorrenza, è in grado di giocare anche come centrale di difesa o da libero.
Disputa 27 partite nel campionato di C1 e 2 in Coppa Italia Serie C, ma il Como perde lo spareggio con il Venezia per la promozione in Serie B. Nel frattempo, il giovane terzino diviene un punto fermo dell’Under-21 di Roberto Boninsegna. A fine stagione, Andrea è il pezzo pregiato del mercato dei lombardi che lo vendono, per 4 miliardi di lire, al Genoa del presidente Aldo Spinelli. È l’Estate del 1991.
L’arrivo al Genoa, il prestito al Pisa e il ritorno in Liguria
“Io non so se Bagnoli non credesse in me, ma forse ho pagato quella nomea di arrogante, di testa calda, che qualcuno ha costruito su di me. Comunque, devono mangiare sassi prima di scalzarmi”.
Approdato in Liguria, Fortunato deve fare i conti con la forte concorrenza di Claudio Branco, esperto terzino sinistro dei Grifoni, e con Sergio Maddé, secondo di Osvaldo Bagnoli in panchina, con il quale non riesce a instaurare un buon rapporto.
I frequenti litigi con l’allenatore in seconda e le poche presenze con la nuova maglia (a Novembre solo 3: 2 in Coppa Italia, 1 in Coppa Uefa) lo spingono al prestito al Pisa, in cadetteria, già nel mese di Novembre.
In Toscana, con la squadra del vulcanico presidente Romeo Anconetani, ritrova serenità e continuità di rendimento. Disputa un ottimo campionato con 25 presenze all’attivo (più 1 in Coppa Italia) e, a fine stagione, fa ritorno al Genoa.
Nel frattempo, il duo Bagnoli-Maddé si è accasato all’Inter. Il nuovo allenatore, Bruno Giorgi, crede in lui e viene ripagato da una stagione super del 21enne salernitano: le sue discese sulla fascia sinistra e l’intesa, sia in campo che fuori, con l’altro terzino, Cristian Panucci, permettono al Genoa di raggiungere la salvezza a fine stagione.
Andrea scende in campo 33 volte su 34 e mette a segno 3 reti – le prime in massima serie – di cui la terza contro il Milan, all’ultima giornata.
Questa marcatura (sinistro potentissimo che fulmina Sebastiano Rossi all’incrocio dei pali), consente al Genoa di riacciuffare il pareggio (2-2) e conquistare un punto che vale la permanenza in A.
Indimenticabile l’esultanza di Fortunato sotto la curva Nord e la corsa verso la panchina rossoblu dove viene sommerso dagli abbracci dei compagni. Il Genoa è salvo. Andrea, che aveva promesso al presidente Spinelli di restare fino a fine stagione, può partire. Per lui c’è la Juventus.
La Juventus e la Nazionale
“Arriva un giornalista e mi domanda se mi piacerebbe giocare nella Juventus. Ed io cosa dovrei rispondergli, che mi fa schifo? Figuriamoci, io da ragazzino per i colori bianconeri stravedevo, e anche se sono diventato un calciatore professionista, certi amori ti restano nel cuore”
L’Estate del 1993 segna la svolta per la carriera di Andrea.
La Juventus, orfana di un terzino sinistro del calibro di Antonio Cabrini da ormai quattro anni, mette gli occhi sul laterale del Genoa che piace tantissimo anche a Giovanni Trapattoni: “Ho trovato il nuovo Cabrini”, dirà subito.
Nel suo destino ci sono quindi i colori bianconeri: Fortunato approda sotto la Mole per 12 miliardi di lire. Sin dalla conferenza stampa di presentazione, in merito all’accostamento con il Bell’Antonio, dichiara, dimostrando grande serietà e profonda umiltà:
“Non paragonatemi a Cabrini, per favore. Ne ho di strada da fare! Lui è fra quelli cui mi piacerebbe somigliare. Era un giocatore unico, inimitabile. Questi paragoni sono una sciagura, anche se piacciono tanto ai tifosi. Sperare di emularlo ma mi sembra quasi impossibile”.
La sua avventura bianconera comincia nel migliore dei modi. Andrea si prende subito una maglia da titolare – la numero 3 – e fornisce ottime prestazioni: corre su e giù per la fascia sinistra, attacca, difende, ruba palloni, sforna assist per i compagni ed è abilissimo ad inserirsi tra le linee.
È proprio questa caratteristica che colpisce positivamente Arrigo Sacchi, CT della Nazionale.
Nonostante abbia davanti a sé un mostro sacro come Paolo Maldini, Fortunato esordisce con la maglia azzurra a Tallinn, il 22 Settembre 1993, nella trasferta vittoriosa contro l’Estonia (3-0) valida per le qualificazioni alla Coppa del Mondo.
Il 12 Dicembre arriva anche il primo gol con la Vecchia Signora: a Roma contro la Lazio, da una punizione di Roberto Baggio che va a sbattere sulla traversa, Fortunato si avventa sul pallone vagante e, con un missile di sinistro, trafigge da pochi passi Luca Marchegiani.
Il rapporto con i compagni è idilliaco. Andrea ha legato in particolare con Antonio Conte, Gianluca Vialli, Fabrizio Ravanelli e Roberto Baggio. È già un idolo per i tifosi.
Sembra che il giovane calciatore abbia trovato la propria dimensione a Torino e davanti a sé riesca a vedere un futuro glorioso e pieno di soddisfazioni con la sua squadra del cuore:
“Prometto sempre il massimo dell’impegno per la maglia. Darò sempre tutto me stesso e alla fine uscirò dal campo a testa alta, per non essermi risparmiato”
Tuttavia, inspiegabilmente, Fortunato in Primavera comincia a rallentare. Non riesce più a esprimersi al meglio in campo, appare sempre stanco e spossato ed è tormentato da una strana febbre che non lo lascia più in pace. Il fratello Candido, dopo la partita contro il Napoli al San Paolo del 10 Aprile 1994, lo va a trovare nello spogliatoio e nota che Andrea appare particolarmente provato oltre ad avere difficoltà a rimanere in piedi.
Parallelamente, anche la Juventus ha un calo di rendimento sia in campionato che in Coppa Uefa, dove viene eliminata ai quarti di finale dal Cagliari.
I tifosi non ci stanno e se la prendono principalmente con il giovane terzino, accusato di essersi adagiato troppo sugli allori, di fare la bella vita e di essere addirittura un malato immaginario. Lo insultano, gli intonano cori di scherno, addirittura, dopo un allenamento, lo schiaffeggiano.
Andrea non reagisce, non da ascolto alle provocazioni e continua ad allenarsi duramente: è uno che mantiene le promesse e si è impegnato ad onorare sempre la maglia, come del resto, ha fatto fino a quel momento.
Il 20 Maggio 1994, Fortunato sta disputando un’amichevole post campionato contro il Tortona nel centro di allenamento della Juventus. Alla fine del primo tempo afferma di sentirsi “sfinito” e di non riuscire a proseguire. Abbandona così il campo nella preoccupazione generale.
La tragica realtà e il lungo calvario
“Voglio farcela, voglio vincere questa guerra terribile!”
A un certo punto, dopo aver raggiunto traguardi incredibili a soli 22 anni, frutto di immensi sacrifici e una passione smisurata, il destino decide di prendersi con gli interessi tutto quello che Fortunato si era meritatamente guadagnato.
Quel 20 Maggio 1994 Riccardo Agricola, medico sociale della Juve, lo fa sottoporre ad esami più approfonditi presso la Divisione Universitaria di Ematologia dell’Ospedale Le Molinette di Torino. La diagnosi è quella che nessuno vorrebbe mai sentire: Andrea è affetto da leucemia linfoide acuta.
Lui non si arrende, i genitori Giuseppe e Lucia, i fratelli Candido e Paola, la fidanzata Lara gli stanno vicino. I medici dicono che Fortunato può farcela data la sua giovane età e il suo fisico robusto, ma sembra soltanto un ottimismo di facciata: anche il padre del ragazzo, cardiologo all’ospedale di Salerno, si accorge della gravità della situazione.
Inizia subito un periodo lungo tre settimane di terapia intensiva, durante il quale l’organismo sembra reagire molto bene: i globuli bianchi in eccesso scompaiono e si comincia a parlare di “remissione completa” della malattia.
Purtroppo, in tutto il mondo sono soltanto tre i donatori di midollo compatibili e nessuno dei tre è reperibile. Andrea viene quindi trasferito, in Luglio, al Centro Trapianti del Policlinico Silvestrini di Perugia.
Fabrizio Ravanelli gli mette a disposizione la sua casa nella cittadina umbra, insieme al calore umano della propria famiglia, Gianluca Vialli lo chiama ogni giorno e lo stesso fa Roberto Baggio, il quale dedica ogni suo gol ad USA ’94 all’amico.
Il 26 Luglio, giorno del 23esimo compleanno, gli vengono infuse le cellule della sorella, opportunamente lavorate. Seguiranno poi altri due innesti e due settimane di attesa per la rigenerazione spontanea del midollo.
L’11 Agosto 1994, Fortunato viene trasferito in un reparto completamente sterilizzato. Continua a sentire i compagni di squadra che gli infondono coraggio, i familiari sono sempre al suo fianco: Andrea reagisce anche grazie all’affetto delle persone a lui più care, una medicina sempre efficace.
Dopo Ferragosto, però, le cellule della sorella vengono rigettate dall’organismo. Si tenta un’altra strada: stavolta è il padre a donargli le cellule del midollo.
Al ragazzo si dice che si tratta di normali terapie, ma lui capisce subito che la strada è di nuovo in salita e anche stavolta non si perde d’animo.Andrea è uno che non si arrende, un combattente e, ancora, sembra sferrare un calcio alla malattia: la seconda infusione, infatti, attecchisce miracolosamente.
Lascia il reparto sterilizzato, inizia una riabilitazione in palestra e soprattutto riceve le scuse dei tifosi, che provano un enorme senso di colpa per averlo trattato in malo modo.Ad Ottobre, Fortunato esce dalla camera d’ospedale: la gioia è immensa. In regime di day hospital comincia la riabilitazione e, con la forza di volontà che lo contraddistingue, ritorna ad allenarsi con la Primavera del Perugia:
“Mi sono sentito un atleta anche nei giorni più difficili, quando ero più di là che di qua. Ho lottato con spirito sportivo, si può dire che non mi sono mai tolto la maglia di dosso. Rimetterla davvero, ma non solo; ho chiesto, mi sono informato, mi hanno spiegato che tanti atleti sono tornati all’attività dopo la leucemia. Credo, spero di riuscirci”.
Il periodo di speranza e quel maledetto 25 Aprile 1995
“La leucemia mi ha insegnato a non fare progetti a lunga scadenza e neppure a media; non per paura, ma per realismo. La prima volta che programmai il ritorno a Torino, mi alzai la mattina con la febbre; nulla di grave, per fortuna, ma ci rimasi male. Vivere alla giornata non è una sconfitta, semmai un modo per apprezzare davvero la vita in ogni attimo, in ogni sfumatura. È quello che farò”.
Andrea può finalmente lasciare l’ospedale, può ritornare alla vita, a sperare nel futuro così come dovrebbe essere normale per un ragazzo di appena 23 anni.
Nel Febbraio 1995, la famiglia Fortunato è di nuovo felice e unita: Andrea sta molto meglio ed è tornato a Salerno per la festa di laurea della sorella Paola.
I compagni continuano a tempestarlo di chiamate, gli dicono che lo aspettano. Marcello Lippi lo convoca addirittura per la trasferta di Genova contro la Sampdoria – ovviamente non può giocare né andare in panchina: è un gesto di altissimo valore simbolico e umano, che mantiene alto il morale del ragazzo, il quale non vede l’ora di riabbracciare la squadra.
Sembra che la leucemia sia stata sconfitta, che Fortunato si sia lasciato alle spalle un brutto, bruttissimo, capitolo della sua vita, che possa tornare, con i dovuti tempi, a indossare la casacca bianconera, con il numero 3 stampato sul dorso, e a percorrere la sua fascia sinistra.
Purtroppo, però, ancora una volta il destino si mette in mezzo: a Marzo, Andrea ha una brutta ricaduta causata da un’improvvisa polmonite. I familiari ripiombano nello sconforto, così come i compagni di squadra. Per l’ennesima, estenuante volta, però, il ragazzo non si abbatte: ricomincia a lottare e a lavorare psicologicamente per tirarsi su, come ha sempre fatto nella sua vita e nella sua breve carriera da calciatore.
Fino alle 8 di sera di quel maledetto 25 Aprile 1995, Andrea Fortunato è rimasto attaccato alla vita, sempre con il sorriso stampato sul volto, sicuro di avere combattuto, nonostante tutto, fino all’ultimo.
Il giorno dopo, al funerale, il duomo di Salerno è gremito di gente. Ci sono i giocatori di Salernitana e Juventus. Gianluca Vialli, con la voce rotta dal pianto, pronuncia una toccante omelia funebre che si conclude così:
“Speriamo che in paradiso ci sia una squadra di calcio, così che tu possa continuare a essere felice correndo dietro a un pallone. Onore a te, fratello Andrea Fortunato”.
La leucemia ha stroncato il suo fisico da gigante ma non l’immensa forza spirituale.Andrea, prima che un calciatore, era un ragazzo, un figlio, un fratello, un fidanzato, un amico, con un futuro roseo davanti a sé, con una carriera luminosa da calciatore, con una vita tutta da vivere.
È bello poter pensare che stia sorridendo ancora, da qualche parte, e che la sua folta chioma nera stia svolazzando nuovamente per l’ennesima sgroppata su quella fascia sinistra che, nonostante gli anni e i giocatori succedutisi a Torino, è rimasta sua.
Sono passati 24 anni dalla morte del giovane terzino, gli stessi che avrebbe dovuto compiere in Luglio nel 1995.
Il ricordo, però, è ancora scolpito nella memoria di tutti coloro che gli sono stati vicini e che gli hanno voluto bene, oltre che di tutti gli appassionati di calcio, indipendentemente dal tifo o dal colore della maglia.
Onore a te Andrea, ovunque tu sia!
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