È vero che la legge italiana non disciplina l’utilizzo delle cosiddette emoticon nei messaggi, ovvero le faccine che comunemente sono aggiunte alle frasi delle chat e che servono a meglio rappresentare lo stato d’animo attuale di colui che scrive. Però è altrettanto vero che, ultimamente, la giurisprudenza ha dato rilevanza giuridica anche alle emoticon o faccine, proprio per identificare quando una frase scritta su internet ha mere finalità di satira o di commento ironico, e quando – invece – è possibile ritenere che sia in gioco, non semplicemente una battuta umoristica, bensì un illecito penale come la diffamazione. Vediamo di seguito quali indicazioni ha fornito la giurisprudenza in merito.
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Emoticon: quale rilevanza legale dare all’utilizzo delle faccine?
Secondo alcune indicazioni fornite dalla giurisprudenza, pertanto, abbiamo che l’utilizzo di emoticon rappresentanti espressioni facciali come ad esempio un sorriso o l’occhiolino, risulta – molto spesso – prova di un’intenzione umoristica e non lesiva, da parte dell’autore del messaggio. Insomma secondo i giudici, l’uso di emoticon dal tono simpatico e leggero, fa sì di poter escludere eventuali rilievi penali nel testo di un commento su internet, facendo venir meno contestualmente illeciti come quello della diffamazione. In pratica, attraverso il loro utilizzo non è possibile stabilire con certezza se in gioco è un vera e proprio attacco denigratorio o l’esercizio del diritto di critica o di satira, o una semplice battuta scherzosa.
Però, in giurisprudenza, sono da rintracciare anche casi in cui l’utilizzo delle emoticon ha di fatto ostacolato la pretesa in giudizio da parte dell’autore. Laddove infatti, sia lamentato un contesto fatto di attacchi personali e denigrazione (ad esempio in ambienti di lavoro), l’utilizzo di emoticon nelle chat tra (presunta) vittima ed autore dell’illecito, ha piuttosto il mero effetto di smorzare la portata di gravità di quanto denunciato. Pertanto, l’utilizzo delle emoticon e la loro riconducibilità ad un clima sereno e privo di tensioni, può far venir meno, sul nascere, la rilevanza giuridica di eventuali pretese risarcitorie di chi si senta leso dal comportamento altrui.
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