(dal blog) Cosa potremmo fare per migliorare le cose
Nel costante litigare online su chi sia di destra o di sinistra mi sono accorto che è sparito un prefisso: il centro. Fateci caso, è svanito quasi ovunque. Non ci sono più persone di csx o cdx.
Qualcuno dice sia sparito per comodità, altri perché “è scontato”. Ma non serve spiegarvi che c’è una differenza enorme tra essere di destra o di centrodestra. Chi vota Salvini non è un fascista, chi vota Zingaretti non è un brigatista, chi è musulmano non è un terrorista e via dicendo.
Il prefisso centro- è una differenza importante.
Ora, ho già detto il problema della clickocrazia e del fatto che oggi, per ragioni coreografiche, viene data voce solo alle bestie. Qualche responsabilità l’hanno anche i social, dove devi essere chiaro nel giro di tre parole o perdi l’attenzione dello spettatore. Si fa un gran parlare di analfabetismo funzionale, io credo spesso il problema sia che la gente legge di fretta e se non capisce subito di avere davanti un “buono” o un “cattivo” passa oltre, perché non c’è la possibilità di “blastare”.
Solo che lo scopo della politica non credo sia “blastare”.
Può dare soddisfazione, ma non è molto diverso dalla cocaina o da un antidepressivo. A rigor di logica, lo scopo della politica dovrebbe essere quello di migliorare l’esistenza nostra, di chi amiamo e della nostra comunità. Aiutare i più deboli, lasciare le cose un po’ meglio di come le abbiamo trovate, far progredire la specie umana. Sono concetti ovvi, in teoria; ma nella pratica nessuno ne parla più. Ufficialmente perché sono banali, in realtà perché aprono un approccio alla politica diverso, dove “blastare” è tra l’inutile e il controproducente.
Eppure collaborare è il solo modo perché le cose funzionino.
Lo fanno le scimmie, i lupi, persino le formiche. “Live together or die alone”, dicevano in un telefilm, ma da mesi ho la sensazione si sia diffusa un’altra visione delle cose, ovvero “meglio crepare soli col mio gatto che vivere con quello lì”. L’asocialità è diventata un vanto, la politica sembra diventata una gara dei mille metri dove chi arriva prima all’estremo vince la solitudine. È un approccio infantile, distruttivo, immaturo e soprattutto perdente. Da entrambe le parti.
Guardate come siamo ridotti.
L’opposizione, cioè il centrosinistra, a furia di scannarsi su chi è più puro s’è frammentato in percentuali omeopatiche. Il PD è considerato il partito degli aristocratici e non ha un’idea, un leader o una linea di partito. Il M5S è l’equivalente dei dilettanti allo sbaraglio ed è guidato da persone che nessuno ha mai visto o votato. Il ministro dell’Interno passa le giornate a fare L’immigra-tour dove canta grandi sparate raccattalike senza mettere piede in parlamento. E tutto questo noi lo avalliamo ogni giorno, litigando e blastando invece di imbastire un ragionamento su quale sia la direzione da prendere assieme.
Perché piaccia o meno, o ce ne andiamo dall’Italia o dobbiamo imparare a convivere con chi è diverso da noi, che sia per il colore della pelle o della fede politica.
Potremmo ripartire dal fatto che siamo tutti uguali, abbiamo pari diritti e pari doveri, siamo persone civili che non credono nella violenza e nella prevaricazione. Che tutti, qui, vogliamo il meglio per la nostra famiglia e il nostro paese. Che i politici non devono essere “competenti”, non devono “blastare” o essere blastati, devono rappresentare i loro elettori in un dibattito che ha come scopo quello di trovare una linea comune per il paese, non di schiantarsi contro un platano solo per dare fastidio all’altro.
Non esiste un solo caso, in tutta la Storia dell’Umanità, in cui correre all’estremo abbia portato cose buone.
Il nemico reale sono disoccupazione, potere d’acquisto, sicurezza, qualità della vita, mafia italiana e straniera, la nostra posizione in Europa e nel mondo, la politica migratoria inefficace, la cultura, e alla fine di tutto, quella che è la nostra filosofia.
Partiamo da questo, scegliamo e diffondiamo leader che ragionano invece di capipopolo, smettiamo di condividere e spammare gente che “blasta”, accettiamo che al mondo ci sono persone che la pensano diversamente da noi e discutiamoci fino allo stremo, finché troviamo un punto in comune, tenendo come unica regola che il primo che alza le mani o la voce ha perso.
Che abbiamo da perdere?
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