“È arrivato il momento di dire basta. Non volevo più sentirmi dire da mio figlio: “Papà ma cosa vengo a fare se non giochi?”. È una cosa difficile da affrontare per chi come me vuole lottare e farsi valere. L’età ormai non mi permette di avere continuità, quindi è giusto lasciare”.
Finisce così, dopo oltre 23 anni di carriera, il romanzo d’amore fra Sergio Pellissier e il mondo del calcio. Un racconto infinito, intenso, permeato di quelle emozioni che solo il connubio fra questo sport e questi uomini è in grado di regalare.
Sergio Pellissier, una carriera infinita
Il figlio di Aosta rincorre un pallone e i sogni che si porta dietro fin dalla tenera età. Il passo da Aosta a Torino è breve per lui, e le prime pagine del suo destino parlano dei granata e delle giovanili del Toro.
Un percorso fra le giovanili, il suo, tanto sorprendente quanto di breve durata. Un talento nella via che porta al gol, del resto, non può essere limitato fra le fila della primavera. Nel 1996 esordisce sia fra i giovani sia fra i professionisti. Un paradosso unico e appassionante, il suo, figlio del talento e della voglia di appassionare il tifo della gente.
Coi granata conquista il Torneo di Viareggio del 1998. Una tappa importante nel percorso giovanile dei futuri campioni, una certezza per coloro che desiderano davvero diventare grandi.
Due anni dopo, nel 1998, passa al Varese, dove contribuisce al raggiungimento dei play-off nella stagione successiva: in due anni in Lombardia colleziona 53 presenze e 9 gol. Ma soprattutto matura un’evoluzione nei fondamentali dell’attacco che lo accompagneranno sempre. Grinta agonistica, atletismo, gol e un gioco dedito al sacrificio e al servizio della squadra.
Ma il suo destino ha un solo percorso: quello che porta a Verona, fra le fila dei clivensi. Nel 2000 viene acquistato dai veronesi e fatto crescere, in prestito biennale, fra le fila della SPAL. In 44 presenze in quel di Ferrara ha collezionato 17 gol. La stella del suo talento è sempre più promettente e brillante.
Sergio Pellissier, leggenda del Chievo
Il 2002 può essere considerato a tutti gli effetti l’inizio della sua vera carriera. O meglio, l’inizio di una storia d’amore unica e appassionante, di quelle che nel calcio si vedono sempre meno e al tempo stesso emozionano sempre di più.
Dopo una gavetta di due anni fra le fila dei ferraresi, il Chievo compie una delle scelte più azzeccate della sua storia. Decide di credere in lui, trattenendolo e puntando forte sul suo carisma e dinamismo in campo, mostrato in questi anni di gavetta nelle leghe minori.
22 settembre 2002. Un giorno qualunque per molti, una data unica per lui e il nostro campionato. Nonostante la sconfitta in casa contro il Brescia (1-2) Pellissier esordisce nel massimo campionato italiano. Agli occhi dei più un sogno che si avvera, ai suoi l’inizio di un qualcosa di grande.
Seconda punta e all’occorrenza esterno. Quindi rapidità, senso del gol da più posizioni, abilità negli inserimenti e nel far salire la propria squadra. Il suo curriculum tecnico recita questo e molto altro.
Alla sua prima stagione in Serie A realizza 5 reti in 24 presenze. Anno dopo anno, nel via vai dei giocatori di neopromosse in cerca della salvezza in campionato, lui ha sempre e comunque risposto presente. A prescindere dall’altrui concorrenza, a prescindere da offerte allettanti verso lidi più proficui secondo molti. Ma non secondo lui.
Fra le fila dei clivensi ha regalato e si è concesso tutte le gioie che la piazza potesse regalare. Dal record di gol nella stagione di Serie B 2007-2008 (22 segnature in 37 presenze) alla convocazione in Nazionale nel 2009 contro l’Irlanda, in cui ha impiegato solamente 11 minuti per lasciare il segno in quel 3 a 0 a Pisa, all’appassionante playoff di Champions League del 2006. Il Levski Sofia, con un passivo totale di 2-4, eliminò il Chievo, consapevole di aver vissuto comunque un’avventura unica nel suo genere.
Eterna leggenda clivense
23 anni, 627 presenze, 175 gol. Serve aggiungere altro sulla sua leggenda? A 40 anni il campione valdostano ha capito che era arrivato il momento. Vuoi per l’età maturata, vuoi per l’ultima stagione vissuta quasi da spettatore impotente di fronte alla retrocessione del suo Chievo.
“È una decisione non presa in un giorno. Ho passato mesi a ragionare, ho pensato tanto, dall’anno scorso per come è finita e durante tutto quest’anno che è stato difficile. Il presidente lo sapeva da qualche settimana e ha provato a convincermi. Ma alla fine di un ciclo durato 19 anni è giusto ricominciare con gente nuova e gente vogliosa di credere in ciò in cui ho creduto io. A una certa età chi vuol giocare a tutti i costi può essere un problema perché si arriva a un punto in cui non sopporti più stare in panchina e può essere negativo, io non voglio più essere negativo”.
La 31 che tante volte ha scaldato il cuore del suo popolo verrà ritirata. Una decisione immediata, scontata, un piccolo grande ringraziamento alla carriera di chi, come lui, ha scritto pagine indelebili del nostro campionato.
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