Sudan, ultime notizie: raggiunto accordo tra militari e opposizione
Nel tempo di tre anni il Sudan tornerà ad un governo civile per via elettorale. Le sfide del periodo di transizione, le tensioni ancora in corso nel paese.
L’esercito del Sudan e le forze della variegata opposizione civile, che da mesi riempie le piazze del paese, hanno infine trovato un accordo sulla transizione dal governo militare all’amministrazione civile. Da qui a tre anni, il paese africano tornerà ad avere un esecutivo legittimato da un processo elettorale. L’intesa è una mediazione tra le richieste dei militari, che volevano due anni di transizione, e quella dei manifestanti, che ne chiedevano quattro.
Ad un mese dalla deposizione del presidente Omar al-Bashir, al timone del Sudan per circa trent’anni, il paese sembra aver dunque trovato una possibile nuova direttrice di stabilità. Entro 24 ore i militari, riuniti nel Consiglio Militare Transitorio, firmeranno con l’opposizione l’accordo che istituirà il Consiglio Legislativo come principale organo amministrativo del paese.
Sudan, fine delle proteste?
Dall’11 aprile, giorno della caduta di al-Bashir, le opposizioni non hanno mai desistito dall’intenzione di ottenere un governo civile. Il compromesso raggiunto potrebbe quindi mettere fine al sit-in permanente di fronte al quartier generale dell’esercito nella capitale Khartoum.
I gruppi riuniti nell’Alleanza per la Libertà e il Cambiamento avranno, secondo quanto dichiarato dal Generale Yasser al-Atta, i due terzi dei seggi della nuova assemblea legislativa del Sudan. I restanti andranno a forze politiche non appartenenti all’Alleanza. I seggi totali saranno 300, come confermato anche da un rappresentante dell’Alleanza, Madani Abbas Madani.
Quali prospettive per il paese?
Non è detto però che le tensioni in Sudan svaniscano del tutto. I fatti di lunedì scorso, che hanno registrato quattro morti e qualche dozzina di feriti, segnalano come non tutti siano favorevoli all’accordo. Le vittime sono le prime dell’intero processo che ha portato alla destituzione di al-Bashir.
I militari hanno dato la colpa delle tensioni alle provocazioni di manifestanti insoddisfatti dall’accordo, affermando la loro opposizione al fatto che il paese “sprofondi nel caos”. Per l’ambasciata Usa a Khartoum quanto accaduto sarebbe invece responsabilità dei militari, accusati di aver provocato i manifestanti ancora attivi nel sit-in.
Ad agire, secondo quanto accertato in seguito, sono state le Forze Rapide di Supporto, forza paramilitare agli ordini di Mohammed Hamdan, nome noto per il suo ruolo nei massacri del Darfur. Si tratta di uno dei conflitti etnici più duri della storia recente del Sudan. Hamdan, ex membro delle efferate milizie Janjaweed, è stato vicinissimo ad al-Bashir quando questi era alla guida del paese.
Ad ogni modo, sia al-Atta che Madani hanno confermato l’istituzione di una commissione congiunta tra esercito e opposizione che indagherà sull’accaduto. Le prime sfide del periodo di transizione, secondo quanto dichiarato dallo stesso al-Atta, saranno di carattere interno. Il nuovo potere esecutivo cercherà infatti di risolvere nel senso della pace i conflitti con alcuni gruppi ribelli attivi nel Sudan occidentale e meridionale.
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