È risaputo che non è rara l’eventualità dell’affitto in nero: il proprietario dà in affitto un suo immobile a qualcuno, senza però registrare ed attestare alcunché e pertanto senza sostenere la correlata tassazione fiscale (pagamento IRPEF sul canone). Vediamo di seguito cosa dice la legge in merito all’ipotesi della casa di proprietà data in prestito (gratuito), che eventualmente il proprietario voglia opporre al Fisco e ad una eventuale contestazione di evasione fiscale.
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Casa di proprietà data in prestito: come funziona?
La legge certamente consente al proprietario di dare in prestito un suo immobile. Tipico è il caso del figlio che va a vivere in una casa di proprietà dei genitori, fino a quando non avrà reddito sufficiente ad essere autonomo anche dal lato economico. Insomma, tale pratica rientra pienamente nei suoi diritti di disporre del patrimonio come meglio preferisce. In queste circostanze, giuridicamente, abbiamo di fronte un’ipotesi di comodato , un contratto non oneroso (come l’affitto), bensì gratuito, e non essendoci alcun reddito o guadagno da tassare, esso non è da registrare obbligatoriamente. Anzi, tale contratto può essere anche concluso verbalmente.
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Casa di proprietà e rischi: l’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate e la prova dell’evasione fiscale
Potrebbero esservi dei rischi di contestazione di un’evasione fiscale da parte dell’Agenzie delle Entrate, laddove quest’ultima – in base ai suoi controlli – abbia una fondata convinzione che sia stato istituito un prestito, al posto dell’affitto, per non pagare le tasse correlate. In queste circostanze, abbiamo in gioco un caso di simulazione, opponibile da chiunque abbia interesse (in particolare il Fisco). È chiaro che un contratto di comodato mirato ad occultare un affitto oneroso, è un’evasione fiscale; essa, però, deve essere provata, come chiarito dalla giurisprudenza prevalente.
Insomma, occorrerà avere prova scritta del documento che attesta il contratto di affitto. Altrimenti varrà la prova della testimonianza, solo in caso di perdita incolpevole del documento contrattuale. Laddove la contestazione sia fatta dal Fisco, questi potrà avvalersi anche di semplici indizi (detti anche presunzioni), per sostenere l’accusa di evasione fiscale. Ad esempio potrà sostenere che un bonifico periodico ricevuto dal locatore, sia un’implicita dimostrazione del pagamento di un canone di affitto.
In ogni caso, occorrerà un iter giudiziario ed una sentenza del giudice che, se darà ragione all’Agenzia delle Entrate, trasmetterà il suo provvedimento al Fisco affinché si attivi per la riscossione della somma.
Il rischio per il proprietario in caso di separazione ed assegnazione dell’abitazione all’ex-coniuge del figlio
Un altro rilevante rischio per il proprietario, è quello legato all’ipotesi che questi dia in prestito una casa di proprietà ad un figlio, a scopo di renderla abitazione della sua famiglia. Infatti, laddove la coppia sia sposata con prole e poi si separi, il giudice potrà liberamente decidere di assegnare ed affidare la casa di proprietà all’ex-moglie, collocataria della prole. In queste circostanze, se non è stata posta una data di scadenza al comodato gratuito, la sua destinazione originaria non cessa con la fine del matrimonio.
In sostanza, può verificarsi l’ipotesi che il giudice, con sentenza, limiti fortemente il diritto di proprietà di colui che presta l’immobile, al fine di assegnare l’appartamento all’ex-coniuge, per tutta la durata del periodo in cui i figli vivranno con lei. Concludendo, è chiaro che la legge consente libertà ed ampio esercizio dei diritti al proprietario, però è altrettanto vero che è meglio conoscere, a priori, quelli che potrebbero essere i rischi o gli sviluppi negativi di un prestito di immobile non adeguatamente ponderato.