Il prezzo dell’oro, si sa, cresce quando c’è incertezza. Quando nell’aria ci sono tensioni commerciali, come quelle tra USA e Cina, oppure previsioni di recessione. Quando le cose vanno male.
E gli investitori, temendo rovesci in Borsa, cercano quello che è letteralmente un bene rifugio.
È quanto è avvenuto nelle ultime settimane, con il prezzo dell’oro che è salito sull’onda di un rinfocolarsi della sfida commerciale tra Trump e Xi Jinping. È cresciuto da un minimo di 1271 dollari all’oncia il 23 aprile a oltre 1300 pochi giorni fa.
Si tornerà ai livelli toccati il 19 febbraio? A 1340 dollari all’oncia? A oggi appare difficile.
Gli analisti fanno notare come il recupero del prezzo dell’oro abbia avuto uno stop intorno a quota 1300, che anzi appare una barriera importante in questi giorni.
Il motivo sta nell’allentamento apparente delle tensioni tra USA e Cina, ma non solo.
Prezzo oro, il ruolo della crescita americana e cinese
Chiaramente conta anche l’andamento del PIL americano, che negli ultimi mesi ha stupito particolarmente per una vitalità che forse molti non si aspettavano. La disoccupazione, poi, ha raggiunto dei record minimi, sotto il 4%.
Questo ha non solo beneficiato la popolarità del presidente Trump, ma anche disinnescato le previsioni di crescita dei prezzi dei beni rifugio come l’oro.
L’inflazione tuttavia non decolla come in altri casi simili di espansione e quindi si parla di qualcosa che appariva lontano fino a poco tempo fa, un taglio dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve. Questo potrebbe spingere un po’ l’oro.
Il metallo di conseguenza è visto piuttosto stabile nel prossimo futuro, proprio per spinte contrastanti. Una di queste è il continuo timore di una maggiore debolezza dell’economia cinese, anche alla luce del possibile rallentamento del commercio internazionale.