Brexit: fine del dialogo tra Tories e Labour, May verso le dimissioni

Pubblicato il 18 Maggio 2019 alle 16:47 Autore: Michele Mastandrea

Continua lo stallo sulla Brexit. Corbyn e May non trovano accordo. Johnson si candida alla successione dell’attuale premier alla guida del partito.

Brexit: fine del dialogo tra Tories e Labour, May verso le dimissioni
Brexit: fine del dialogo tra Tories e Labour, May verso le dimissioni

Ad una settimana dalle elezioni europee, a cui in teoria la Gran Bretagna non avrebbe dovuto partecipare, il caos politico nel Regno Unito non accenna a placarsi. Il segretario laburista Jeremy Corbyn ha infatti annunciato che il suo partito non collaborerà più con Theresa May nel cercare un accordo parlamentare su un nuovo piano per la Brexit.

Per il Labour, i Tories non si sarebbero sostanzialmente smossi dalle loro posizioni nelle ultime settimane. Da qui lo stop al dialogo iniziato nei primi giorni di aprile. Passaggio che affossa ogni speranza di un’intesa prima della pausa estiva. La nuova deadline per l’uscita della Gran Bretagna dalla UE è fissata al 31 ottobre. Quella precedente era programmata il 29 Marzo.

Brexit, May si dimetterà subito dopo un nuovo voto parlamentare

Ad ogni modo, May nella settimana del 3 giugno proverà a far discutere a Westminster un nuovo piano. Difficilmente ci sarà approvazione da parte dei Comuni, come già successo altre tre volte negli scorsi mesi. Solo in seguito al voto sul piano, che per May servirebbe ad assicurare la Brexit entro l’estate, l’attuale premier darà le dimissioni. Ad annunciarlo è stato Graham Brady, leader del Comitato 1922. Questo è un organo interno del partito, deputato a definire le modalità e le regole per le elezioni della leadership del partito.

Già lo scorso marzo May aveva annunciato il suo passo indietro dal partito in caso di approvazione del piano (poi non avvenuta). La fronda più incline ad una Brexit “dura” all’interno del Partito Conservatore chiede da tempo le dimissioni di May. La stessa premier ha però nello scorso dicembre vinto un voto di fiducia in Parlamento sul suo operato. Da quel giorno è stata una lenta agonia per la premier, stretta tra le incrociate intransigenze dei parlamenti di Londra e Bruxelles.

Boris Johnson si candida alla guida dei Tories

Nel frattempo vola nei sondaggi il Brexit Party di Nigel Farage. Probabilmente, a causa di una visione ormai diffusa nella società britannica per la quale sia Labour che Tories sono in parte responsabili dell’attuale stallo sulla Brexit. Proprio per recuperare ai Tories una parte del consenso perso in favore di Farage, l’ex sindaco di Londra e Ministro degli Esteri Boris Johnson ha lanciato la sua candidatura alla guida del partito.

Johnson è già dato per favorito nei primi sondaggi in merito alla successione di May, ed è un fiero avvocato della causa di una Brexit no-deal. Nicola Sturgeon, leader dello Scottish National Party e del governo autonomo scozzese, ha subito risposto alla notizia. Definendo Jonhson “un ciarlatano” e affermando che in caso Johnson dovesse succedere a May alla guida del governo, molti in Scozia chiederanno un voto referendario per l’indipendenza da Londra.

I Tories hanno subito una durissima sconfitta alle ultime elezioni amministrative locali. Anche le prospettive per il voto europeo sono tutt’altro che rosee, con il partito dato a meno del 10%. A tre anni dal referendum che vide trionfare il Leave, la situazione politica in Gran Bretagna è dunque tuttora in stallo. Membro dell’Unione Europea dal 1973, Londra capirà difficilmente il suo futuro politico in tempi brevi.

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L'autore: Michele Mastandrea

Nato nel 1988, vive a Bologna. Laureato in Relazioni Internazionali all'università felsinea, su Termometro Politico scrive di politica estera ed economia.
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