Partiti ed autonomie: il modello basco
Il Paese Basco o Euskadi è una delle Comunità dello Stato Spagnolo con maggiore autonomia, legata a privilegi antichi (fueros) e alla difesa di un’identità specifica sia linguistica che culturale. Da quando è tornata la democrazia nel Paese iberico (nel 1977 le prime elezioni libere) il Pais Vasco ha avuto 4 Lehendakari (Presidenti del Governo) a partire dal 1980, anno di approvazione dello Statuto di Autonomia attualmente in vigore. Dal 1980 al 2009, cioè per quasi un trentennio, l’unico partito che ha espresso il Presidente del Governo è stato il EAJ-PNV, il Partito Nazionalista Basco, originariamente un Partito ultraconservatore (quando nacque alla fine dell’800) e poi sempre più spostatosi verso posizioni di centro-sinistra in ambito economico-sociale. Unica costante, ovviamente, la volontà di difendere gli interessi dei baschi nell’ambito dello Stato spagnolo.
[ad]In seguito alla nascita della democrazia spagnola, i cittadini baschi scelsero in maniera inizialmente molto forte i partiti autonomisti e/o indipendentisti e PNV risultò l’opzione più coerente tra l’estremismo dei partiti indipendentisti di sinistra che strizzavano l’occhio all’ETA da un lato e i partiti nazionali spagnoli (socialisti e popolari).
Negli anni 80, però, l’assoluto dominio socialista nel sistema politico nazionale, lo spostamento a sinistra dei nazionalisti baschi e la regionalizzazione del Partito Socialista Operaio Spagnolo (che si trasformò sia per convenienza che per mutamento ideologico in una forza federale e federalista, quando in origine non lo era stata assolutamente) portò il PSOE al governo del Pais Vasco, come socio di minoranza della coalizione con i nazionalisti. La cosa, in seguito, aumentò di importanza a partire dal 1989, quando i socialisti non avevano più la maggioranza assoluta nelle Cortes a Madrid e strinsero patti con il PNV per una reciproca garanzia di maggioranza. In questo contesto si deve anche consdierare l’utilità di una forza come il PNV che garantiva una versione moderata all’indipendenza o ad una sempre maggiore autonomia, una concreta alternativa alla via estrema della lotta armata posta in essere da ETA. In sostanza blandire i cittadini baschi con un forte stato sociale e una enorme autonomia in cambio di una sempre maggiore stabilizzazione della zona e una forte lotta al terrorismo politico. La cosa funzionò in maniera parziale e la guerra con ETA continua ancora oggi, con alti e bassi, tra tentativi di mediazione e nuovi scontri.
Nel trentennio di governo nazionalista, quindi, grandi sforzi sono stati compiuti per rendere la piccola e ricca regione pirenaica sempre più autonoma da Madrid, anche con la collaborazione di uno dei due partiti nazionali, quello che in Spagna è maggiormente autonomista, ossia il PSOE.
Il grande cambiamento è però avvenuto nel 2009, quando per la prima volta la somma delle forze nazionaliste-autonomiste-indipendentiste ha ottenuto meno della metà dei seggi nel Parlamento Basco. Questo è dovuto a due fattori: da un lato la cancellazione e il divieto a presentarsi alle elezioni di tutti i partiti di estrema sinistra in quanto giudicati dal Tribunale spagnolo la parte politica di ETA, dall’altro lato una certa contestazione al governo del PNV ormai diventato eccessivamente un Partito-Stato.
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