Le campagne elettorali sono come un fiume in piena. Un flusso ininterrotto di appuntamenti da onorare, di convention da allestire e di discorsi da scrivere. Una “tempesta perfetta” che si abbatte sul candidato trascinandolo, fino al giorno del voto, in un vortice chiamato agenda.
Erano da poco passate le 23 di domenica sera, quando Nicolas Sarkozy, il Presidente modernizzatore, è salito sul palco per pronunciare il discorso della sconfitta. Un respiro profondo, gli occhi che si chiudono un istante prima di iniziare a parlare.
[ad]E’ forse proprio in quel momento, durante quel lungo respiro, che il candidato realizza il bilancio emotivo della propria campagna. E forse così è stato anche per Sarko.
Un lungo respiro che racconta tutto o quasi. E’ come un viaggio a ritroso che dura meno di un istante. Un film in un battito di ciglia che parte da quel quasi 20% di Marine Le Pen e dal successo, al primo turno, dello sfidante François Hollande. Un film che racconte 5 anni di governo all’Eliseo tra scandali ed entusiasmi. Una pellicola che scorre a tratti veloce: il divorzio con la seconda moglie Cecilia, il matrimonio con la ex top model Carla e la nascita della piccola Giulia. E poi la politica con la P maiuscola, quella onorata e quella rimasta solo sulla carta: l’operazione militare in Libia, il “lavorare di più per guadagnare di più” e la lotta senza quartiere all’immigrazione.
Non un bilancio razionale ma una sorta di summa emotiva. Gli onori internazionali fanno da controaltare alle numerose gaffes, come quel famoso “levati di mezzo, coglione” sibilato con rabbia ad un avventore del Salone dell’Agricoltura che aveva osato contraddirlo. Quel lungo respiro prima di parlare è l’occasione per un bilancio, un confronto interiore con la propria coscienza. Le liberalizzazioni mai realizzate, lo scandalo Bettencourt e i costosi vizi che tanto lo hanno reso inviso ai francesi. Un viaggio mentale che passa dalla Germania della Merkel e dalla presidenza del G8 e del G20 in uno dei momenti più complicati della recente storia europea.
Tutto questo in un attimo, un istante per realizzare che il “leone Sarko” è un animale ferito, destinato, forse, a perdere lo scettro tra due settimane.
di Andrea Corbo