“Spataro è uno stimato collega ma non sono d’accordo con il suo appello. Se i magistrati scendessero in piazza finirebbero per farlo contro Salvini, a discapito della loro indipendenza. La magistratura risponde solo alla leggi e dovrebbe iniziare a essere indifferente a ciò che dice Salvini“. A parlare è Franco Roberti, ex procuratore nazionale antimafia, oggi capolista del Partito democratico alle elezioni europee.
Per lui, entrato in magistratura più di quarant’anni fa, la minaccia, poi sfumata, del ministro dell’Interno di denunciare il pm di Agrigento per aver autorizzato lo sbarco della Sea Watch 3, non è semplicemente una trovata da campagna elettorale. Ma la soluzione, precisa, non è portare i magistrati in piazza, come ha proposto l’ex procuratore di Torino, Armando Spataro.
Siamo di fronte a un nuovo capitolo dello scontro tra politica e magistratura?
Bisogna ricordare a Salvini il principio della separazione dei poteri. La magistratura è un organo autonomo e indipendente e la politica non deve e non può cercare di controllarla.
Ma ci prova?
Non ci sono riusciti Craxi e Berlusconi e non ci riuscirà neanche Salvini. I politici sono sempre stata insofferenti al lavoro autonomo e indipendente della magistratura. Oggi Salvini insulta o elogia i giudici a seconda che facciano provvedimenti a lui graditi o meno. Bisognerebbe avere più rispetto. Io non dico che i magistrati non sbaglino, ma nel nostro ordinamento giudiziario esistono tutte le garanzie per rimediare a quegli errori.
Franco Roberti (Pd): “In Europa un fronte italo-spagnolo per cambiare la Ue”
Domenica prossima ci saranno le elezioni europee. Tutti i partiti dicono che sarà un voto storico. Perché?
Nel prossimo Parlamento si confronteranno due visioni di Europa contrapposte. Da un lato un’Unione più forte, più solidale e più unita, dall’altro ci sarà chi nega l’idea stessa di Europa. Sovranisti e populisti si prefiggono di distruggere lo spirito dell’Unione: vogliono sfruttare le possibilità economiche che offre l’Europa negando, però, la sua natura di entità sovranazionale.
Quindi secondo lei la tanto annunciata avanzata sovranista ci sarà?
Sarà molto ridimensionata dal voto. Del resto, anche i sovranisti di casa nostra si stanno indebolendo. Lo stesso Salvini sta perdendo consensi perché le persone iniziano ad essere stufi della sua tracotanza e delle sue strumentalizzazioni. I cittadini sono molto meno manipolabili di quanto credono Salvini e Di Maio. Lo stesso sarà in Europa, non riusciranno a sfondare.
Se così sarà, allora, quali partiti lavoreranno alla riforma dell’Unione? Gli stessi che governano da decenni?
Bisogna ammettere che finora abbiamo vissuto in un’Europa a trazione franco-tedesca. Noi dobbiamo lavorare per creare un asse comune insieme alla Spagna, a cui oggi guardiamo con ammirazione e che è la naturale compagna di viaggio dell’Italia. Dobbiamo impegnarci affinché il fronte socialista a trazione italo-spagnola svolga un ruolo chiave nella riforma dei trattati.
Gli ultimi governi guidati dal Pd però sembravano molto più interessati alla Francia di Macron. Se non altro per una certa simpatia tra il presidente francese e il leader di allora.
Certo, Renzi e Macron hanno molte analogie. Ma per l’Italia è un orizzonte che appartiene al passato.
Franco Roberti (Pd): “Il partito ha fatto molti errori ma ora è il momento dell’unità”
Un discorso archiviato, come la precedente segreteria.
Il Partito Democratico ha commesso molti errori al governo. Primo fra tutti il referendum costituzionale. Una riforma così incisiva non può essere fatta a maggioranza ma deve passare per un’assemblea costituente. Chi era al governo, invece, ha avuto la presunzione di personalizzare il voto al punto da trasformarlo in un referendum sul governo, su Renzi e sul Pd.
Quel tipo di personalizzazione, però, è stata anche la fortuna del Partito democratico alle elezioni del 2014.
Sì, ma è stato un calcolo poco lungimirante. Tra un voto e l’altro sono stati fatti errori di comunicazione e di contenuto. A Renzi va riconosciuto che se ne è assunto la piena responsabilità ma, se non avesse personalizzato così tanto lo scontro, avrebbe evitato quella sconfitta e non avremmo consegnato il Paese nelle mani dei populisti. Anche tutto quello che di buono è stato fatto nella scorsa legislatura, e penso a tutti gli sforzi fatti per far ripartire la crescita, sono passati in secondo piano.
Cosa è cambiato nel Partito Democratico con l’elezione di Zingaretti?
Renzi è stato un segretario carismatico ma anche un leader fortemente divisivo. Zingaretti è per l’inclusione e l’unità del centrosinistra, oltre le divisioni dei partiti. Lo dimostrano anche le candidature scelte per queste elezioni: c’è il progetto Siamo Europei di Carlo Calenda, l’esperienza di un ex sindaco stimato come Giuliano Pisapia e la mia candidatura. Quando Zingaretti mi ha chiamato gli ho detto che non ero iscritto al Pd. Lui mi ha risposto che ciò che conta non sono le tessere, ma lavorare insieme per degli obiettivi comuni.
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