Il ritorno del Valencia. I murciélagos riprendono a volare
Il ritorno del Valencia. I murciélagos riprendono a volare. Maggio 2017. Dopo l’ultima giornata di Liga – dominata manco a dirlo da…
Maggio 2017. Dopo l’ultima giornata di Liga – dominata manco a dirlo da Real Madrid e Barcellona – scorrendo la classifica fa specie vedere una big del calcio spagnolo stazionare nel centro classifica. Questa squadra è il Valencia, reduce da una stagione pessima nella quale in mezzo a tanti cambi di allenatore si è toccata con mano anche la zona retrocessione.
Nemmeno un esperto navigatore come il nostro Cesare Prandelli riuscì a risollevare le sorti dei ches, dimettendosi dopo soli tre mesi dopo i quali fu anche costretto a risarcire il club per procurato danno. Sembrava andar sempre peggio ad uno dei club più gloriosi e vincenti di Spagna e per cui serviva dare una scossa definitiva al più presto.
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L’arrivo a Valencia di Marcelino Garcia Toral, l’ottimizzatore
In estate la scelta della nuova guida tecnica ricadde su Marcelino Garcia Toral, un sergente di ferro che l’autunno precedente fu ad un passo dall’Inter per sostituire l’esonerato De Boer.
Come detto si tratta di un sergente di ferro, uno reduce dalla gavetta dura e pura, la cui ultima esperienza è quella di Villarreal. In tre anni è stato capace di portare il submarino amarillo dalla Segunda Division ai preliminari in Champions League. Tra l’altro, pochi giorni prima di questi, arrivarono le dimissioni a causa di una rissa con Mateo Musacchio.
Una stagione a ritmi elevati quella del Valencia, chiusa al quarto posto pur avendo a disposizione una rosa inferiore alle rivali. Questo grazie al lavoro proprio del tecnico asturiano, abile a rigenerare giocatori in difficoltà come Rodrigo, Parejo, Kondogbia e Santi Mina, ma non solo. Sistema di gioco semplice quanto efficace: un 4-4-2 votato all’attacco nel quale gli esterni devono essere abili – assieme ai due terzini offensivi – a rifornire i due centravanti che svariano e si scambiano le posizioni fra di loro. A centrocampo invece, il più classico dei frangiflutti deve dar manforte al creatore di gioco.
Un titolo che mancava da undici anni
In questa stagione urgeva riconfermarsi al top. Ma la stagione è partita nel peggiore dei modi. Una pareggite acuta ha portato subito lontano dalle zone europee i valenciani, costretti a rimontare in Liga e anche in Champions, dove però non è arrivata la qualificazione alla fase successiva. Il 12 gennaio è il giorno in cui tutto sembrava definitivamente perduto: il Valladolid strappa un punto al Mestalla con una punizione da videogioco, risultata essere l’unico vero tiro verso la porta difesa da Neto durante tutta la partita.
Black-out totale, Marcelino ha le ore contate, ma nel silenzio generale si leva una voce. È quella del capitano, quel Dani Parejo cresciuto con la corona Real che fece infuriare probabilmente come non mai un certo Alfredo Di Stefano, il quale quando venne a conoscenza della cessione del suo giovane discepolo si imbestialì minacciando la dirigenza madridista (“Parejo es un monstruo, y si se va del Castilla no volveré a Valdebebas“).
“Mi rifiuto di dare per persa una stagione a gennaio.
Questo non fa parte di me e non fa parte dello spirito di questa squadra. C’è tempo e c’è voglia di vincere per raggiungere i nostri obiettivi.
Qui non si arrende nessuno.
Io credo in questa squadra“.
Questo il tweet di Dani, uno che a Mestalla porta la fascia ma che spesso è stato aspramente criticato per il suo rendimento discontinuo. Da lì la svolta. Il Valencia vive di rimonte, si qualifica per la finale di Copa, arriva alle semifinali di Europa League e all’ultima di campionato, proprio contro il Valladolid, ma a campi invertiti, conquista nuovamente il quarto posto.
Ieri la ciliegina sulla torta: un titolo che mancava da tanto, troppo tempo, il modo migliore per festeggiare il centenario del club. Una partita all’italiana, passata perlopiù in trincea a difendersi dagli assalti blaugrana. Due gol di rimessa, calci, calcioni, spazzate, crampi. Tutto ciò è valso, alla fine di una delle partite più belle degli ultimi tempi, una Coppa che – oltre settecento giorni dopo – fa spiccare nuovamente il volo ai pipistrelli. E avrà sicuramente fatto felice anche Don Alfredo.
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