Con le elezioni europee, che termineranno domenica 26 maggio alle 23, 500 milioni di cittadini sono chiamati a rinnovare il Parlamento europeo. In ciascuno Stato membro, gli elettori possono votare per i propri rappresentanti nazionali da inviare a Strasburgo.
Ciascun Paese adotta una propria legge elettorale nel rispetto di alcuni criteri comuni definiti dalla Decisione 2018/994 del Consiglio. L’articolo 1 stabilisce che per ciascuno Stato membro, i membri del Parlamento europeo sono eletti come rappresentanti dei cittadini dell’Unione con sistema proporzionale, a scrutinio di lista o con voto singolo trasferibile. Inoltre, i singoli Paesi possono consentire lo scrutinio di lista con voto di preferenza.
All’articolo 3 dell stessa Decisione, invece, viene regolata la possibilità di inserire una soglia di sbarramento minima per regolare l’accesso al Parlamento. Tale soglia, se utilizzata, non può essere superiore al 5% dei voti regolarmente espressi.
Soglia di sbarramento europee 2019: come funziona in Italia
L’elezione dei rappresentati italiani al Parlamento europeo in Italia è regolata dalla legge n.18/1979 che stabilisce l’uso di un sistema proporzionale puro. Vale a dire che ciascuna lista riceverà un numero di seggi direttamente proporzionale alle preferenze ricevute. Nel 2009 la legge è stata modificata con l’introduzione di una soglia di sbarramento minima per ciascuna lista, fissata al 4%.
L’obiettivo era ridurre l’eccessivo frazionamento dei partiti eletti. Nelle elezioni degli anni precedenti, infatti, il numero degli schieramenti che arrivava a Bruxelles era molto più elevato rispetto ad oggi. Nella tornata elettorale del 1999, ad esempio, furono ben 19 le liste che conquistarono un seggio, contro le 7 del 2014.
Quello stesso anno il Consiglio di Stato sollevò un dubbio di costituzionalità sullo sbarramento al 4%. Secondo la Corte Costituzionale, che giudicò il ricorso infondato, la previsione di tale soglia rientrava pienamente nella discrezionalità del legislatore.
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