Le elezioni hanno visto il trionfo della Lega, un disastro del M5S e una leggera rimonta del Pd.
Riguardo a Salvini, possiamo quindi dedurre che le tecniche d’opposizione utilizzate fino a oggi – che poi sono le stesse con cui Berlusconi è stato su 20 anni – non funzionano. Rispondergli su Twitter e screenshottarsi non funziona. Appendere lenzuola non funziona. Deriderlo per come si veste e come mangia non funziona. Sfotterlo per le fidanzate che lo lasciano non funziona. In generale, bullizzarlo dal fondo della catena alimentare non funziona. Blastare, non funziona. Anzi, lo rafforza. Nemmeno le aggressioni funzionano. Spaccare la faccia a Berlusconi con una statuetta non ha funzionato. Fino a qualche giorno fa, in Internet c’era grande entusiasmo per la moda di lanciare i milkshake contro Farage: ha preso il 30%.
Ora, invece di incazzarci, proviamo a ragionare
Per consolarsi molte persone moderate si aggrappano alla sempiterna convinzione che “la gente fa schifo”. Fanno schifo i vari Candy Candy Forza Napoli che si esprimono con “vergonia 40 euro cm si può vivere” e vorrebbero stare a casa senza fare nulla, fanno schifo i grezzi che credono il problema sia la melanina e tuonano “l’Italia agli italiani” mentre evadono le tasse, spacciano bamba e picchiano la moglie.
Questo serve da un lato a convincerci di essere piùmmeglio, dall’altro a giustificare l’ennesimo disastro elettorale. Chiamatemi pure ottimista, ma io credo che l’Italia e gli italiani siano meglio di quanto si crede. Non credo sia un disastro elettorale, bensì… bè, comunicativo.
Ricordate quel rapporto del Censis?
Siamo un popolo con la percentuale di single più alta d’Europa. Sentiamo di non avere nessuno a cui chiedere aiuto, o con cui discutere di cose personali. Sopra di noi ci sono i francesi. Siamo persone sole, incattivite e spaventate, che a San Valentino vanno nel panico, dormono con le bestie e non credono a ripresa economica, futuro o giornalisti; su questi ultimi, addirittura, ripone fiducia solo il 35% degli italiani.
Per dare una dimensione del problema, in Italia un parrucchiere è considerato più affidabile di un giornalista. Da quando è iniziata questa tendenza, le opinioni si sono via via polarizzate non solo in Italia, ma anche negli Stati Uniti. Essere soli ci spaventa, e la paura da un lato diventa un mercato e dall’altro ci fa chiudere – ancora di più – in noi stessi.
Cos’è successo?
Internet è arrivato al grande pubblico. I social hanno disintegrato i filtri di qualità permettendo a chiunque di diventare informatore. Purtroppo la folla in Internet si comporta nello stesso modo che durante una sommossa – è l’argomento del mio TEDx – e in vent’anni sono stati i media ad acquisire i metodi della suburra, non il contrario.
Abbiamo letteralmente disimparato a confrontarci.
Crediamo di essere noi stessi, in Internet, mentre ne siamo una versione animalesca e distorta, che si è arroccata sempre di più in un proprio castello, circondandosi solo di propri cloni. La stragrande maggioranza dei giornali viene scritta a Milano, dove il PD è al 36% e la Lega al 27,4%. Nel resto del paese, le percentuali sono praticamente opposte: Lega 34,3%, Pd 22,7%. Ci stupiamo davvero se i giornalisti vengono considerati inaffidabili, o i sondaggi non ci prendono?
Se vogliamo rallentare questo crescendo, qualcosa possiamo fare
Dobbiamo uscire di casa.
Incontrare dal vivo persone che non la pensano come noi. Reimparare a discuterci senza litigare o alzare la voce. Usare la diplomazia, quell’arte dimenticata e ostracizzata che ci ha permesso di evolvere. Possiamo scegliere di provare noi a fare politica, occuparci della res publica, smettere di considerare chi non la pensa come noi come un mostro razzista e fascista, o una zecca buonista, o un aristocratico.
C’è chi nelle Europee vede un trionfo del male, io ci vedo esseri umani soli e pieni di paura che non riescono a uscire e confrontarsi. Abbiamo Netflix, abbiamo il cibo a domicilio, abbiamo amici su Whazzap che la pensano come noi.
Chi ce lo fa fare?
Ecco, i risultati politici sono una buona risposta.
Ricordo ancora quando in un bar di Milano il gestore mi raccontava entusiasta che il mese scorso “due gruppi di sconosciuti avevano unito i tavoli”. Gli ho chiesto se era così strano, e lui mi ha detto che non lo vedeva succedere dagli anni ’70. Tra i tanti slogan che girano in questi anni, a me è sempre piaciuto quello degli spagnoli: “Hablamos”.
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