Il prossimo 7 luglio si terranno le elezioni politiche anticipate in Grecia. È questa la decisione dell’attuale premier ellenico Alexis Tsipras, leader del partito Syriza, al governo del paese dal 2015. Scottato dalla sconfitta nelle recenti consultazioni europee, dove ha raggiunto solo il 24%, Tsipras ha deciso di ridare la parola agli elettori. Il suo mandato è in scadenza ad ottobre di quest’anno.
Spetta ora al presidente greco Prokopis Pavlopoulos mettere in pratica l’indicazione. Cosa che farà a seguito del secondo turno delle elezioni amministrative nel paese, che si terrà il prossimo 2 giugno. Inizialmente le elezioni erano state pensate per il 30 giugno, ma la coincidenza con le prove di ammissione alle università statali ha portato alla decisione di farle slittare di una settimana.
Elezioni Grecia, favorito il centrodestra
A trionfare domenica scorsa con circa il 33%, e di conseguenza ad essere favorito per il prossimo turno elettorale, è il partito Nea Demokratia, di centrodestra. Guidato da Kyriakos Mitsotakis, ND si è imposto anche alla guida della capitale Atene. Subito dopo il voto Mitsotakis aveva chiesto le dimissioni dell’attuale premier della Grecia.
Si profila di fatto una sfida a due con Syriza, dato che le altre opzioni partitiche non sembrano in grado di impensierire i principali partiti. Il partito Kinal, di tendenza socialdemocratica e nato sulle ceneri del vecchio Pasok, ha di poco superato il 7%. D’altro canto, sia l’ultradestra di Alba Dorata che i comunisti del KKE non sembrano essere in grado di registrare un exploit in tempi così stretti rispetto alle loro attuali percentuali di consenso.
Le spine di Tsipras: austerità e diplomazia
I cinque anni di Tsipras sono stati decisamente contraddittori. Salito al potere su posizioni di sinistra radicale e in netto contrasto proprio con Nea Demokratia, incarnate anche dalla figura del carismatico economista Yannis Varoufakis, l’ideologia di Syriza si è via via moderata. Soprattutto scendendo a patti con le istituzioni europee, sconfessando l’esito elettorale del referendum sui Memorandum del 2015 e producendosi in politiche fortemente nel segno dell’austerità. La Grecia è uscita dai piani di salvataggio della Troika nell’agosto 2018.
In politica estera, il suo governo ha portato a casa un risultato storico, la risoluzione del conflitto diplomatico che opponeva la Grecia a quella che è da qualche settimana chiamata Macedonia del Nord (ex Repubblica di Macedonia). La disputa sul nome dello stato a nord di Salonicco durava da decenni, bloccando anche l’ingresso del paese in Unione Europea e NATO. L’accordo ha però come comprensibile avuto anche l’effetto di ringalluzzire il sentimento nazionalista, tema storico dei conservatori, che sulle tensioni di confine hanno sempre costruito identità e riconoscimento.
In coppia con le tuttora difficili condizioni di vita nel paese, anche dopo la fine delle politiche di austerità imposte dalla Troika alla Grecia nell’ambito dei vari Memorandum, la politica estera sembra dunque essere la spina del fianco dell’attuale premier. Spina che potrebbe costargli il posto fra qualche settimana.
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