Può sembrare un paradosso, si può non essere completamente d’accordo, può piacere o meno, ma Gattuso una statua se la meriterebbe davvero. Varcati i cancelli di Milanello nel novembre 2017, la sua prima partita alla guida della prima squadra del Milan è stata un prequel di tutto quello che gli sarebbe poi capitato nella sua nuova avventura rossonera: stop a Benevento con gol del pareggio del portiere avversario all’ultimo minuto e primo storico punto in Serie A per i campani, arrivato dopo quattordici sconfitte consecutive.
“Sarebbe stata meglio una coltellata che prendere questo gol“.
Qualcun altro avrebbe subito rifatto le valigie e sarebbe tornato a casa dopo un inizio così tragicomico, ma vien difficile pensare ad un Gattuso che rinunci a lottare. D’altronde la lotta lo ha reso uno dei centrocampisti più forti d’Italia quando difendeva quegli stessi colori sul campo, nonostante dei mezzi tecnici non brillantissimi:
“Fino a 13 anni ho giocato solo sulla spiaggia, non so tirare le punizioni e non so come si fa un assist, eppure ho vinto un Mondiale“.
Èstata molto probabilmente questa consapevolezza a portarlo a livelli altissimi, la predisposizione al sacrificio che viene prima di tutto, anche della tecnica.
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Gattuso contro tutti
La sua esperienza di quest’ultimo anno e mezzo la possiamo riassumere con questa frase: Basta e avanza. Ciò non lo ha però scalfito, facendogli portare avanti sempre le stesse idee fino alla quasi qualificazione in Champions, sfumata come ben sappiamo per un solo punto. Nessuno dal post Allegri era riuscito ad ottenere un simile risultato in campionato, nemmeno avvicinandosi.
Tutto questo in mezzo a giornalisti, società e spogliatoio, tre grane non da poco. Alla fine, da persona umile qual è, ha deciso lui di andarsene e lo ha fatto a suo modo.
“Lasciare il Milan non è semplice, è stata una scelta sofferta ma ponderata. Rinuncio a due anni di contratto, perché la mia storia con il Milan non sarà mai una questione di soldi“.
Basta questo, oltre al fatto che questa rinuncia derivi dal dare al suo staff la possibilità di percepire comunque lo stipendio.
Quel che resta è la consapevolezza che fare meglio di così sarebbe stato difficile, specie in un Milan ancora in alto mare su tutti i fronti. Si può essere d’accordo o in disaccordo ma tutta questa storia è stata comunque la dimostrazione di quanto gli allenatori, al giorno d’oggi, siano il capro espiatorio di tutti. Mentre uscirne in questa maniera, invece, non è proprio da tutti.
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