In questi ultimi mesi l’Italia è stata molto spesso al centro del dibattito relativo all’avvio della cosiddetta procedura d’infrazione UE. Vediamo di seguito di che cosa si tratta, quali sono le cause e i motivi della sua attivazione.
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Procedura d’infrazione UE: che cos’è secondo il diritto dell’Unione Europea
Visto il rilievo che sta avendo in questo ultimo periodo, appare opportuno spiegare – seppur in sintesi – che cosa la legge intende per procedura d’infrazione UE. Essa non è altro che un procedimento a carattere giurisdizionale (detto anche ricorso per inadempimento) di tipo facoltativo ed eventuale, regolato dagli art. 258 e 259 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Esso ha fondamentalmente la finalità di sanzionare e colpire uno o più Stati membri UE, ritenuti responsabili della violazione degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione Europea. Per quanto riguarda il nostro Paese, se n’è parlato moltissimo ultimamente e tutto lascia pensare che la tendenza continuerà anche nel prossimo periodo. In particolare, ad essere sotto il vaglio e il mirino di Bruxelles, sono i conti pubblici italiani: a comportare l’apertura di una formale procedura d’infrazione UE, in verità, non è però il deficit eccessivo ovvero la situazione contabile dell’Italia, per la quale le uscite superano le entrate, facendo sì che il bilancio dello Stato risulti negativo. Piuttosto, a rilevare per un’eventuale apertura della procedura in oggetto, è il mancato rispetto degli obbiettivi di riduzione del debito pubblico, così come richiesto dagli ambienti europei.
La prassi dell’iter in oggetto e le sanzioni
La procedura d’infrazione UE non è uno strumento usato raramente dalla Commissione Europea: soltanto Svezia ed Estonia, tra i paesi membri, mai sono stati sottoposti a questo iter. La finalità è quella, oltre che di sanzionare i paesi che non rispettino determinati parametri, di controllare e far sì che i governi dei vari Stati europei, specialmente in tempi di crisi economica, non si indebitino troppo per favorire la ripresa interna. Nella prassi e nella storia di questa procedura, la Commissione – in verità – non è mai andata fino in fondo, colpendo con sanzioni: piuttosto è sempre riuscita a trovare un compromesso o soluzione, a livello politico. Ciò anche a seguito di settimane o mesi di discussioni e trattative che, di fatto, hanno lo scopo di bloccare la procedura d’infrazione UE in oggetto.
Sul piano delle possibili sanzioni, esse sono quelle definite dalle norme comunitarie. È stata, per esempio, ventilata l’ipotesi che il Consiglio Europeo (che comprende, tra l’altro, i capi di Stato o di governo dei vari Paesi UE) imponga all’Italia una sanzione pari a diversi miliardi di euro, che chiaramente andrebbe a pesare enormemente sui già problematici conti pubblici italiani. Ed anche è stato ipotizzato che, in base a quanto previsto nel Trattato, l’Europa inviti la Bei a rivalutare la propria politica di investimenti verso l’Italia. Ciò non è dettaglio di poco conto, dato che negli ultimi anni l’Italia è stata tra i maggiori destinatari delle operazioni della Banca Europea per gli investimenti. In conclusione, la partita è da giocarsi anche e soprattutto a livello politico, con esiti al momento ancora davvero incerti. Vedremo nelle prossime settimane quale sarà il nuovo scenario.
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