Ogni volta che si tengono delle elezioni, alla chiusura delle urne, gli istituti demoscopici licenziano uno o più exit poll prima di passare alle proiezioni sui dati reali. Le ultime Europee non si sono sottratte a questo rito. D’altra parte, questo strumento è ormai messo in discussione da più parti: sono davvero attendibili?
Sondaggi elettorali: cos’è un exit poll?
In sostanza, gli exit poll sono delle elaborazioni condotte su un campione di interviste fatte fuori dai seggi. Altra cosa sono gli instant poll: si tratta di sondaggi, di solito telefonici, effettuati il giorno del voto. Questi ultimi si differenziano dagli intention poll che sono dei sondaggi realizzati attraverso delle interviste realizzate nel giorno del voto o nei giorni immediatamente precedenti. Poi ci sono anche i multipoll: un mix di exit poll, instant poll e sondaggi classici. Ecco, tra tutte queste tipologie di indagine quella considerata più affidabile sono proprio gli exit poll.
Sondaggi elettorali: come si fa un exit poll?
Molto semplice il metodo con cui vengono realizzati gli exit poll; gli istituti demoscopici inviano i propri ricercatori all’esterno dei seggi per chiedere agli elettori cosa hanno votato al seggio. Come i normali sondaggi, però, anche gli exit hanno un margine di errore: dunque, anche se condotti su un campione rappresentativo al massimo (e dando per scontato che chi risponde dica realmente per chi ha votato) dell’elettorato possono comunque avere delle variazioni di percentuale, generalmente, del 2%.
Exit flop: la “difesa” di Piepoli
Non è difficile ricordare diversi casi in cui gli exit poll – che dovrebbero indicare la direzione del voto mentre è ancora in corso – si sono rivelati completamente sbagliati alla fine del conteggio delle schede. Per esempio, gli exit non hanno azzeccato il risultato del referendum sulla Brexit, stessa cosa per quanto riguarda le ultime Presidenziali americane. Detto ciò, molto spesso gli exit danno un’indicazione rispondente in linea di massima all’esito finale di un voto come nel caso delle ultime Europee. Sul punto è intervenuto recentemente anche un decano dei sondaggisti italiani Nicola Piepoli che ha ricordato come un exit si debba basare su “un buon campione di seggi da esplorare, dei bravi intervistatori distribuiti su tutto il territorio nazionale, delle efficaci strisce di ponderazione dei vari partiti, ovvero una buona elaborazione”. La finezza nell’elaborazione dei dati è, appunto, l’ingrediente fondamentale per un buon exit: la gente si arrocca sulla segretezza del voto, è vero; d’altra parte, l’analista potrà sempre valutarne le “caratteristiche” – a partire da sesso, età e condizione economica – e trarre le opportune valutazioni.
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