Nel giorno in cui il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha inviato la lettera di risposta alla Commissione europea, i mercati hanno fatto sentire la loro agitazione.
Piazza Affari questa mattina ha aperto in rosso arrivando a perdere, a metà seduta, il 2%. In chiusura ha recuperato terreno, terminando gli scambi in calo dello 0,7%.
A pesare l’aumento dello spread schizzato a quota 290 punti base. Una soglia rimasta pressoché inalterata durante tutta la seduta. Dopo aver sfiorato il 295 punti a fine mattinata, alla chiusura delle contrattazioni a Milano il differenziale con i titoli di Stato tedesco si è assestato a 285 punti.
Il rendimento dei Btp italiani a cinque anni ha toccato l’1,8%, superando quello dei titoli greci. Una brutta notizia per la nostra economia: l’aumento del rendimento, infatti, indica la diffidenza degli acquirenti che ritengono quell’investimento particolarmente rischioso.
I titoli decennali italiani, invece, hanno raggiunto un rendimento del 2,72% mentre i Bund tedeschi continuano ad essere ritenuti i più sicuri. A tal punto che il loro tasso di interesse continua a scendere nonostante il rendimento già negativo (-0,21%).
Spread oggi: le condizioni che hanno spinto l’aumento
A pesare sui mercati di tutta Europa, e anche su quelli americani, è stato l’annuncio del presidente americano Donald Trump di voler imporre nuovi dazi alle merci provenienti dal Messico.
Sul mercato italiano, però, hanno giocato un ruolo fondamentale anche altre due variabili: la risposta del ministro Tria alla lettera di Bruxelles, e le stime sulla crescita diffuse dall’Istat.
Per quanto riguarda il primo punto, la situazione di incertezza sulla stabilità economica, in relazione a una possibile procedura di infrazione avviata dalla Commissione, ha tenuto lontano gli investitori dal nostro Paese. Una situazione che è peggiorata quando, dopo l’apertura, è arrivata la stima sulla crescita dell’Istat. L’Istituto nazionale di statica, infatti, ha aggiustato al ribasso le sue previsioni sul Pil italiano. La crescita per il primo trimestre del 2019, che al 30 aprile era stata stimata al +0,2%, si è in realtà fermata allo 0,1%. Un andamento stagnante che ha penalizzato le contrattazioni.
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