Se la scorsa estate qualcuno avesse detto che il Liverpool avrebbe vinto la Champions League e che Divock Origi sarebbe stato uno dei suoi uomini più decisivi, probabilmente le reazioni si sarebbero divise tra sana ilarità e richieste d’aiuto medico rivolte a chi diceva una cosa simile.
E invece è proprio ciò che è accaduto: Reds sul tetto d’Europa quattordici anni dopo la pazza finale di Istanbul contro il Milan, con l’attaccante belga che in poche settimane, da sparring partner dello sparring partner, si è trasformato in superhero. Se la Champions è tornata ad Anfield, gran merito resterà per sempre suo.
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Chi è Divock Origi
Origi nasce ad Ostenda, in Belgio, nel 1995. È figlio di Mike, ex attaccante di diverse squadre belghe, tra cui il Genk. Divock inizia a giocare proprio nelle giovanili del Genk, salvo poi trasferirsi a 15 anni in Francia, precisamente a Lilla. Qui continua la sua crescita fino ad esordire in Ligue 1 a 17 anni, con tanto di gol dopo pochi minuti dal suo ingresso in campo. Le prestazioni durante la stagione successiva gli permettono di trovare posto nei convocati per il Mondiale brasiliano, dove segna il gol decisivo contro la Russia nella fase a gironi, alla sua quinta apparizione in maglia Belgio.
Disputa una buona stagione l’anno successivo, tanto da attirare su di sé le mire del Liverpool, che lo acquista per una quindicina di milioni di euro. Nelle sue prime due stagioni in terra inglese fa piuttosto bene considerato il poco spazio ottenuto – va anche all’Europeo 2016 – siglando in tutto ventuno gol in tutte le competizioni. Ma il Liverpool decide comunque di mandare Origi un anno in prestito per maturare esperienza.
La destinazione è la Bundesliga, precisamente Wolfsburg. Qua le cose però non vanno per il meglio, con i lupi che rischiano la retrocessione, riuscendo a salvarsi solo dopo il playout contro l’Holstein Kiel, terza classificata in Zweite Bundesliga. Le presenze sono la maggior parte da titolare, ma a fine anno non parte per la spedizione mondiale russa facendo ritorno ai Reds dopo la fine del prestito.
Qua trova davanti a sé due ottimi attaccanti come Roberto Firmino e Daniel Sturridge che lo relegano costantemente in panchina. Poche apparizioni, pochi gol, ma tutti tremendamente pesanti.
L’uomo del destino
In Premier i gol di Origi saranno tre a fine campionato. Infinitamente decisivi quelli contro i cugini dell’Everton all’ultimo minuto e contro il Newcastle, che ha permesso ai Reds di continuare a sperare nella vittoria del titolo dopo che la partita si era messa in salita.
In Champions l’apoteosi. Contro il Barcellona va in campo complici gli acciacchi dei suoi compagni di reparto, aprendo e chiudendo la storica remuntada della semifinale di ritorno, prima della rete in finale contro il Tottenham, da subentrato, quella della definitiva vittoria.
Tre tiri, tre gol. Questo lo score in questa edizione di Champions League di Origi, la riserva della riserva che però è riuscita comunque a scrivere a caratteri cubitali il suo nome nella storia del Liverpool. Chi se lo aspettava? Probabilmente nemmeno lui. E pensare che solo un anno fa rischiava di retrocedere in Serie B tedesca…
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