Ha sbaragliato la concorrenza Richard Carapaz. Non avremmo potuto immaginare lo scorso 11 maggio che il ciclista ecuadoriano vincesse il Giro d’Italia 2019. Alla fine queste tre lunghe settimane di corsa hanno incoronato il giovane nativo di Tulcan, cittadina situata nel nord dell’Ecuador al confine con la Colombia.
La sparata di Courmayeur gli ha fatto indossare la Maglia Rosa, forse lasciata appositamente dal favorito fino a quel momento Primoz Roglic, ma lui non l’ha più levata, portandola fino all’Arena di Verona dove è entrato da trionfatore assoluto.
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Le tre settimane di Richard Carapaz
Carapaz non è partito nemmeno con i gradi di capitano, che con il forfait a pochi giorni dalla partenza di Bologna del Campione del Mondo Alejandro Valverde erano passati sulle spalle di Mikel Landa. Due vittorie di tappa, la prima inaspettatamente a Frascati, quando nel finale in leggera salita ha messo nel sacco tutti i velocisti e gli specialisti. Un crescendo di prestazioni che gli hanno consentito di fare sul serio con il passare dei giorni. Dopo la frazione valdostana era ancora difficile ipotizzare un suo successo finale, ma grazie all’aiuto proprio di Landa e più in generale di una splendida Movistar – stravincitrice peraltro della classifica a squadre – si è difeso alla grande sulle montagne della terza settimana. Nemmeno Vincenzo Nibali ha potuto fare granché, Carapaz gli ha respinto ogni tentativo d’attacco riuscendo anche ad ampliare il suo vantaggio di qualche secondo a San Martino di Castrozza. La crono finale – vinta da Chad Haga – è stata solo una passerella: Richard Carapaz ha vinto il Giro d’Italia 2019.
Una vittoria impronosticabile
I favoriti ad alzare il Trofeo senza Fine alla vigilia erano i big, ovvero Nibali, Dumoulin, Yates e Roglic. Dopo il ritiro dell’olandese – già vincitore sulle strade del Giro nel 2017 – solo lo Squalo è stato capace di tenere il ritmo fino a Verona. Se Yates è stato bravo solo a parole uscendo di scena dalla lotta per il titolo al termine della crono di San Marino, Roglic ha dovuto cedere in anticipo, tra una squadra che non lo ha mai supportato nelle salite e dei problemi fisici passati inosservati ai più.
Carapaz di nome e di fatto. L’assonanza è facile da intuire, per un corridore che si è dimostrato duro, forte, sicuro come un carapace, compiendo un’impresa storica a suo modo, non avendo mai un cedimento. Questo è anche segno del fatto che il movimento ciclistico sudamericano sta crescendo sempre esponenzialmente in questi anni, forse anche troppo silenziosamente. Oggi e non solo, in Ecuador è festa nazionale: gli omaggi son tutti per Carapaz, nato in montagna, suo ambiente naturale. E questo Giro ne è stata la riprova.
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