Vediamo di seguito come la legge disciplina il caso del testamento olografo, in relazione all’impugnazione di esso da parte di uno o più parenti, per motivi legati ad uno stato di incapacità di intendere e volere del defunto testatore. L’eventualità, come si può intuire, è nella prassi, tutt’altro che remota.
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Testamento: brevi cenni al meccanismo di attribuzione dell’eredità
Preliminarmente, al fine di affrontare con la maggior chiarezza possibile il tema sopra presentato, è opportuno richiamare – quanto meno in sintesi – quella che è la funzione e il meccanismo del testamento in generale. Il testamento, da cui appunto discende la successione testamentaria, è quell’atto, redatto dal testatore ovvero colui che dispone del suo patrimonio per il tempo in cui non sarà più in vita, finalizzato a stabilire come saranno suddivise le quote di patrimonio tra i vari eredi. Il testatore sarà libero nel determinare le disposizioni testamentarie, indicando eredi e l’ammontare delle quote, ma sempre rispettando le prescrizioni del Codice Civile. Si fa riferimento, in particolar modo, al divieto di diseredare uno o più parenti e alla garanzia della quota minima per i cosiddetti eredi legittimari (coniuge, figli e ascendenti del testatore defunto).
Cosa succede in caso di incapacità di intendere e volere del testatore?
A questo punto, ci si può lecitamente domandare quali siano le conseguenze in caso di testamento olografo, redatto da soggetto incapace di intendere e volere. In effetti, solitamente, i parenti presumono che il testatore sia capace di intendere e volere. Ma, ovviamente e per le ragioni più diverse, non sempre è così. A volte per l’età del testatore o per un problema psichico di non poco conto, la volontà del testatore può essere, in qualche modo alterata, con conseguenze circa l’attribuzione dei beni agli eredi.
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Pertanto, la legge consente all’interessato o agli interessati, l’impugnazione del testamento olografo, sulla base della convinzione che esso sia stato scritto da persona incapace di intendere e di volere. Ma non basta la sola convinzione. Occorre anche e soprattutto la prova effettiva, altrimenti l’impugnazione non sortirebbe risultato e il testamento conserverebbe validità. È proprio la Corte di Cassazione ad averlo ribadito con decisione: per annullare un testamento per incapacità di intendere e volere del testatore defunto, non è sufficiente dimostrare che il defunto avesse una qualche anomalia che, potenzialmente, potesse alterare la volontà del testatore. È obbligatorio, infatti, dimostrare che il defunto non avesse, al momento della redazione dell’atto di disposizione delle proprie sostanze, alcuna consapevolezza dei propri atti (ad esempio attraverso prove scritte consistenti in riscontri di carattere medico). Insomma, agli eredi, in una eventuale azione legale, spetta il non irrilevante onere della prova della mancanza di piena capacità di autodeterminazione del de cuius.
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