In che modo può tutelarsi il lavoratore quando l’azienda paga in ritardo lo stipendio? Sono diversi gli strumenti a disposizione per far valere il proprio diritto alla retribuzione; previste sanzioni per i datori di lavoro che non erogano il compenso spettante entro i termini stabiliti dalla legge.
Stipendio in ritardo: quando deve pagare il datore di lavoro?
Il datore di lavoro quando deve pagare lo stipendio ai propri dipendenti? Non c’è una risposta univoca a questa domanda, nel senso che la legge non fissa un termine esatto per tutti i lavoratori: i limiti entro cui bisogna corrispondere lo stipendio, infatti, variano a seconda del contratto nazionale a cui si è soggetti. Stessa cosa per quanto riguarda le sanzioni ai datori di lavoro: comunque dovranno corrispondere oltre allo stipendio anche degli interessi di mora per ogni giorno di ritardo calcolati sull’importo lordo della retribuzione.
Detto ciò, in generale si può dire che lo stipendio deve pervenire a un lavoratore entro il giorno 10 del mese; per essere precisi, entro tale termine non basta che il pagamento sia stato disposto ma il dovuto deve proprio essere a disposizione del lavoratore. Tuttavia, alcuni CCNL prevedono come limite il quinto giorno del mese successivo a quello lavorato, altri – come quelli pubblici – il 27esimo giorno del mese successivo a quello lavorato. E se si svolge un lavoro non sottoposto ad alcun contratto nazionale? In tal evenienza il compenso deve essere corrisposto nel momento in cui la prestazione viene eseguita, dunque, se la cadenza del pagamento è mensile, la retribuzione deve avvenire entro l’ultimo giorno del mese.
Gli strumenti a tutela del lavoratore
In caso di gravi ritardi nell’erogazione dello stipendio (in teoria di potrebbe inoltrare anche il giorno dopo il termine fissato), senza necessità di rivolgersi a un avvocato, il lavoratore può inviare un sollecito di pagamento all’azienda anche tramite raccomandata con ricevuta di ritorno o Pec. In alternativa al sollecito, un lavoratore può far valere i propri diritti in materia di retribuzione rivolgendosi alla Direzione del Lavoro competente territorialmente che avvierà – gratuitamente – un tentativo di conciliazione monocratico. La via più drastica è poi quella che porta alla richiesta di un decreto ingiuntivo in Tribunale.
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