Chi è Paulo Fonseca: moglie, figli e gioco. Perché lo chiamano Zorro
C’è un nuovo nome per la futura panchina della Roma: è quello di Paulo Fonseca, allenatore portoghese noto anche come Zorro. Ecco chi è.
Da Antonio Conte (ormai passato all’Inter) a Maurizio Sarri (in attesa di liberarsi dal Chelsea, per approdare forse alla Juventus), passando per Mourinho (si è fatto anche il suo nome), Mihajlovic (osteggiato da una tifoseria contraria a una “lazializzazione” della propria squadra), perfino il ritorno di Di Francesco (ancora sotto contratto). Ma alla fine il nome che potrebbe spuntarla e sedere il prossimo anno sulla panchina della Roma sarebbe quello di Paulo Fonseca, allenatore nato in Mozambico con passaporto portoghese.
Chi sarà il nuovo allenatore della Roma?
È una scelta che va in tendenza con quelle della gestione americana (ricordate Luis Enrique e Rudi Garcia?) e forse con la mentalità di Baldini. Il neo-ds Petrachi, invero ancora non liberato dal Torino di Cairo, preferirebbe forse un nome italiano che conosca il nostro campionato, come quello di De Zerbi, attuale allenatore del Sassuolo. Ma alla fine la corrente esterofila potrebbe prevalere: dopotutto, quando si parla della visione del calcio di Paulo Fonseca, si citano anche i nomi di Sarri e Guardiola come suoi punti riferimento. La Roma, poi, cerca un allenatore che sappia gestire i giovani, unire uno spogliatoio e sia carismatico. Fonseca è tutto questo, ma la sua scarsa conoscenza del calcio italiano potrebbe essere visto come un handicap. Per ripartire, comunque, l’obiettivo è uno solo: crescere insieme, con tutta la squadra.
Chi è Paulo Fonseca: gli inizi da calciatore
Paulo Fonseca nasce il 5 marzo 1973. Inizia a giocare nel 1989, quando milita nelle giovanili del Barreirense. Nel 1995 passa al Porto, ma non va mai in campo, quindi entra nella girandola dei prestiti, passando per Leça, Belenenses e Maritìmo. Le sue ultime esperienze da giocatore sono però nel Vitoria Guimaraes e nell’Estrela de Amadora. Ed è proprio in quest’ultima squadra che il salto dal calcio giocato a quello allenato si compie.
Le prime esperienze in panchina
Per 2 anni ne allena le giovanili, poi sceglie panchine di diverse squadre che militano nelle serie inferiori. Ottiene traguardi abbastanza importanti, come i quarti di finale della Coppa nazionale raggiunti dal Pinhalonovense, ma il 2012 è l’anno della svolta. Si siede sulla panchina del Pacos de Ferreira e li porta al terzo posto in campionato, posizione che garantisce l’accesso ai play-off di Champions League. Raggiunge anche una semifinale di Coppa del Portogallo, ma viene battuto dal Benfica.
Dal Porto allo Shakhtar Donetsk
I risultati ottenuti con il Pacos de Ferreira gli fanno quella pubblicità che basta ad attirare le attenzioni del Porto. Una rivincita per lui, visto che tra i lusitani non aveva mai giocato, pur facendo parte della rosa. Eppure la squadra di Oporto non sembra portargli molta fortuna, poiché dopo un’annata deludente, seppur inaugurata con la vittoria della Supercoppa contro il Vitoria Guimaraes, viene esonerato nel marzo dello stesso anno. Un’occasione per ricominciare da capo, insomma, e proprio da quel Pacos de Ferreira dove aveva fatto brillare gli occhi a più di qualcuno. Ma com’è ben noto le cose non si ripetono mai allo stesso modo e così anche la seconda annata al Pacos non è tra le migliori. Si trasferisce quindi a Braga nel 2015 e sarà quella l’ultima panchina in Portogallo: vince la Coppa Nazionale (guarda caso, contro il Porto), conduce la squadra al quarto posto in campionato e arriva fino ai quarti di finale in Europa League, bruciato dalla sua futura squadra, lo Shakhtar Donetsk.
La maschera di Zorro
Infatti, l’anno successivo, Fonseca viene chiamato dagli ucraini per raccogliere un’eredità più che pesante: sostituire l’insostituibile e iconico Lucescu. In 3 anni vince 3 campionati di fila, 3 coppe nazionali e 1 Supercoppa. Nel 2017-2018 raggiunge anche gli ottavi di finale di Champions League, ma viene battuto dalla Roma. Fu proprio in quell’occasione che gli fu affibbiato il soprannome di Zorro. All’ultima partita dei gironi, lo Shakhtar avrebbe dovuto battere il Manchester City per passare agli ottavi al posto del Napoli: cosa che gli ucraini fecero. Fonseca, prima del match, aveva scommesso con i giornalisti che se fosse passato sarebbe andato in conferenza vestito da Zorro. E così, uomo di parola, fece.
Il gioco di Paulo Fonseca
Il modulo prediletto da Paulo Fonseca è il 4-2-3-1, schieramento che i tifosi della Roma conoscono piuttosto bene, visti i risultati portati da Spalletti proprio con quel modulo. Fonseca è naturalmente propenso per un gioco offensivo e di corsa, dove il possesso palla e il dominio del campo la fanno da padroni. Passaggi rasoterra e prolungato possesso del pallone si accostano a veloci incursioni e movimenti di terzini, ali e trequartisti. Pecca un po’ di equilibrio difensivo, nonostante nell’ultimo anno lo Shakhtar abbia subito pochissimo. Ma stiamo comunque parlando del campionato ucraino e di una squadra, lo Shakhtar di Donetsk, che al momento è paragonabile nel proprio Paese alla nostra Juventus. Tra le doti più note di Fonseca anche un forte carisma e l’intenzione di rendere lo spogliatoio unito verso un singolo obiettivo. Ci riuscirebbe anche in quel di Roma?
La moglie non lo vuole alla Dinamo Kiev
Paulo Fonseca è sposato con una donna, a quanto pare, di carattere. Infatti, le recenti notizie che lo avrebbero accostato anche alla panchina della Dinamo Kiev, sono state smentite dallo stesso Fonseca a Profutbol. L’allenatore ha detto che “nel calcio non si può mai sapere”, ma che il suo approdo a Kiev sarebbe “quasi impossibile”. Inoltre, “se ci fosse una tale opportunità, mia moglie non me lo permetterebbe”. Moglie che è capo ufficio stampa di Akhmetov, presidente dello Shakhtar Donetsk, e per la quale ha lasciato la prima moglie. Il loro matrimonio? In Italia, sul Lago di Como.
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