Una ragazzina di 17 anni, Noa Pothoven, ha chiesto al governo olandese di poter morire. L’aveva già fatto prima, a 16 anni, ma le era stato negato. Quest’anno ha acconsentito. Noa ha salutato il mondo dal suo profilo Instagram, affidando a qualcuno – forse un familiare – il compito di pubblicarlo dopo la sua morte.
La storia di Noa è strana e triste
È una ragazza socievole e studiosa fino a 14 anni, poi a un tratto smette di mangiare fino a diventare anoressica. I genitori non capiscono cos’abbia finché la madre, Lisette, facendo le pulizie trova una busta di plastica con dentro lettere di addio indirizzate ad amici, professori e conoscenti. Le chiedono spiegazioni e Noa risponde che la vita, per lei, non ha più senso.
Cercano di tirarla su, le provano tutte, cambia tre cliniche di salute mentale dove le liste d’attesa sono infinite. Nel frattempo Noa continua a non mangiare né bere. Finalmente la ricoverano in una clinica per disturbi alimentari a Zutphen, e sembra migliorare. I genitori lavorano meno per starle vicino, alla fine la riportano a casa.
Scrive la sua autobiografia
“Winnen of Leren”, in cui racconta di essere stata violentata due volte da piccola. Il primo stupro avviene quando ha 11 anni, durante una festa scolastica. Il secondo avviene a 14 anni; viene violentata da due uomini nel quartiere di Arnhem a Elderveld. Non racconta nulla a casa, perché “avevo paura e mi vergognavo”. Non vuole raccontarlo nemmeno alla polizia, perché “dovrebbe scendere nei dettagli”.
Nel tempo continua a tentare di uccidersi, ma la salvano sempre. Così, a 16 anni, fa la prima richiesta di suicidio assistito. Lo Stato nega. Dice che è troppo piccola per decidere, ma lei insiste e l’anno dopo ottiene l’autorizzazione.
Se ne va a 17 anni, uccisa o suicidata non sta a me dirlo.
Nessuno ha mai saputo chi fossero i suoi stupratori
Nel suo libro, Noa non ha mai descritto i colpevoli, né dato modo agli inquirenti di avviare un’indagine. Niente DNA, niente referti, niente indizi, testimoni. Nulla. Chiunque può fare delle congetture che spaziano dagli stupratori protetti dall’alto – o molto vicini, statisticamente – a quelli inesistenti creati per spiegare quel malessere esistenziale che alla fine t’uccide. La sola cosa che resta è una ragazzina di 17 anni che in un paese lontano dal nostro si è spenta.
È un buon momento per ritirare fuori quelle domande scomode che aveva sollevato Eluana Englaro; chiederci se secondo noi è giusto lo Stato autorizzi una cosa del genere, o se è un’atrocità innominabile. Se è giusto che una ragazzina di 17 anni possa decidere della propria vita.
Io non lo so. Sto cercando di diventare padre, e certe storie mi mettono una paura fottuta.
EDIT (5/06/2019 – 11:34): pare che Noa non abbia ottenuto il permesso, bensì abbia deciso di lasciarsi morire di fame e di sete con l’aiuto di un medico dell’Aia che le ha somministrato nel suo salotto farmaci per non farla soffrire fisicamente, il tutto davanti i suoi genitori. Forse è un dettaglio, ma tant’è.