Gli investitori italiani sono poco propensi al rischio, diventando così più risparmiatori che investitori veri e propri. Ne parla anche la Consob, secondo la quale solamente il 29% degli italiani è titolare di un prodotto finanziario, metà dei quali preferiscono puntare sui risparmi bancari e postali. Ciò significa che solo il 14,5% degli investitori italiani punta più in alto, mentre l’altra metà preferisce una maggiore prudenza. Fatto sta che, come riporta Wall Street Italia, nel 2018 l’investimento in buoni fruttiferi postali ha registrato un aumento del 2,1% rispetto allo scorso anno, andando così a incrementare la quota complessiva del risparmio postale.
Buoni fruttiferi postali e rendimento: perché e quando convengono
Certamente i buoni fruttiferi postali sono una conveniente tipologia di investimento/risparmio, sia che si voglia approfittare di soluzioni a breve termine, sia che invece si punti al lungo termine. Ne sono un esempio i buoni fruttiferi postali dedicati ai minori (con rendimenti fino al 3% al compimento del 18° anno di età), mentre tra quelli che vanno per la maggiore si segnalano i Bfp 3×2, che offrono rendimenti massimi dell’1,25% (dopo 6 anni) o dello 0,35% (dopo 3 anni). Interessanti anche i Bfp 3×4 (a lungo termine), che possono arrivare a garantire rendimenti fino al 2,25% (ma solo al compimento del 12° anno).
I rendimenti dei Bfp, insomma, non sono elevatissimi, ma almeno fanno fruttare i risparmi depositati. Una delle maggiori ragioni che persuadono gli italiani a puntare sui buoni è certamente il livello di rischio, praticamente pari allo zero. Inoltre non prevedono costi di gestione o di tenuta, e gli unici costi da sostenere riguardano i classici oneri fiscali, peraltro traducibili in una tassazione agevolata al 12,50%. Inoltre sono anche esenti da imposta di bollo, altra spesa di cui gli italiani fanno volentieri a meno.
Rendimento titoli di Stato: conviene?
Poi ci sono i titoli di Stato, ovvero dei titoli obbligazionari emessi dallo Stato tramite i quali si indebitano al fine di attuare investimenti. Chi investe in titoli di Stato, alla scadenza di questi potrà ricevere il capitale che ha investito e gli interessi. L’investimento in titoli di Stato deve porre su basi di minima conoscenza della materia, ma anche del mercato e del sentiment vigente, anche per capire la natura dell’investimento. Il rischio maggiore per chi investe in Btp è certamente quello del default. Investire in titoli di Stato in un Paese in crisi e a rischio default potrebbe quindi essere controproducente. Può sembrare strano che un Paese fallisca, ma gli avvenimenti dei primi anni Duemila hanno frenato la corsa ai titoli di Stato.
Buoni fruttiferi postali e titoli di Stato: differenze di valutazione
Anche una eventuale ristrutturazione del debito potrebbe risultare controproducente per l’investitore, che non si vedrà tornare indietro quanto si aspettava all’inizio. Il principale punto di riferimento per valutare l’andamento del proprio titolo è lo yield, che di fatto si alza quando il titolo viene molto venduto sul mercato. Ed è proprio al sentiment del mercato che bisogna guardare quando si vuole investire in titoli di Stato, un’operazione che può dare maggiori frutti e un rendimento più alto (rispetto ai Bfp), a fronte di un rischio che, seppur minimo (è difficile che un Paese fallisca) è ancorato all’idea di monitoraggio del mercato (sempre rispetto ai buoni fruttiferi postali).
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