È utile fare chiarezza sulla questione del mantenimento, da parte dei genitori, del figlio o dei figli maggiorenni o naturali. Ciò in quanto si tratta di una questione pratica oggigiorno di grande diffusione e su cui, ovviamente, è di orientamento un non esiguo materiale giurisprudenziale. Vediamo di seguito più nel dettaglio la questione in oggetto.
Se ti interessa saperne di più sulla revisione dell’assegno di mantenimento, clicca qui.
Mantenimento figli: le fonti normative
Anzitutto, appare opportuno fare riferimento a quelle che sono le fonti normative in materia di mantenimento figli. In verità, la legge offre indicazioni generali in merito; sono poi i giudici, caso per caso, ad individuare limiti, condizioni e caratteristiche di un dovere fondato sulla Costituzione, ma che non permane per sempre. In via generale, l’obbligo di mantenimento è dato dall’art. 30 Costituzione e dagli art. 147 e seguenti del Codice Civile, i quali sanciscono per i genitori il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle inclinazioni e delle aspirazioni dei figli, in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.
Ciò che preme dire è che le norme non impongono il venir meno del suddetto obbligo, per il mero compimento da parte del figlio o dei figli, del diciottesimo anno di età. Più recentemente, la legge n.54 del 2006 (“Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli“), ha posto che è il giudice a decidere se, in base al caso concreto analizzato, è opportuno disporre che sia da versare, da parte dei genitori verso il figlio maggiorenne e non indipendente economicamente, il pagamento di una somma a titolo di mantenimento mensile.
Per ciò che riguarda i figli naturali, pertanto nati al di fuori del matrimonio, oggi sono parificati ai figli legittimi. Insomma, da qualche anno è stata superata la disparità di trattamento tra i figli nati da coppie legate dal vincolo matrimoniale (figli legittimi) ed i figli nati, invece, da genitori non sposati tra loro (figli naturali). Ciò in virtù della legge n. 219 del 2012 (“Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali“), di riforma della filiazione, che ha avuto il merito di cancellare la differenza di status tra figli legittimi e naturali, facendo venir meno ogni distinzione civilistica e riconoscendo ai figli naturali gli stessi diritti dei figli legittimi. Insomma, oggi il diritto al mantenimento è riconosciuto pienamente anche ai figli nati fuori dal matrimonio. D’altra parte l’art. 315 del Codice Civile, così come riformato, recita testualmente: “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”.
Se ti interessa saperne di più sul rapporto tra TFR e sentenza divorzio, clicca qui.
Quali sono i criteri di calcolo dell’assegno di mantenimento?
A questo punto domandiamoci quali criteri di calcolo sono utili al fine della determinazione dell’assegno di mantenimento per figli maggiorenni e figli naturali. La legge vigente, in verità, dispone meramente in via generale, ed afferma che, a seguito della separazione o del divorzio, i genitori hanno il dovere di contribuire al mantenimento dei propri figli in misura proporzionale al proprio reddito.
Pertanto, l’assegno di mantenimento per separazione o divorzio, ad essi spettante, nel caso in cui sia determinato nel suo ammontare dal giudice competente (o, se frutto di accordo tra i coniugi nella separazione consensuale, sia valutato dal giudice non congruo), dovrà fare riferimento alle circostanze individuate dall’art. 155 c.c. Il magistrato chiamato a valutare l’entità dell’assegno dovrà quindi tener conto di vari elementi: le esigenze concrete della prole; il tenore di vita del figlio durante la convivenza con i genitori; i tempi di permanenza presso ciascun genitore; le risorse economiche e le capacità di reddito di ambo i genitori; il valore economico dei compiti domestici e di cura assunti da ogni genitore.
Com’è evidente, non è possibile stabilire a priori come ragionerà il giudice e come calcolerà l’assegno, caso per caso, in quanto nella legge vigente non c’è alcun criterio matematico o tabelle precise, che comportino un calcolo che sia in qualche modo prevedibile. Piuttosto, rileveranno le valutazioni concrete del giudice, all’esame degli atti di causa, le quali dovranno fare riferimento – tra l’altro – alla situazione patrimoniale e reddituale dei coniugi, all’eventuale presenza di un assegno di mantenimento in favore dell’altro coniuge e all’eventuale ed ulteriore assegnazione della casa coniugale al coniuge collocatario della prole.
In conclusione, quanto detto sopra può ritenersi valido ed applicabile anche per il mantenimento figli naturali e maggiorenni. Ribadendo che il dovere di mantenimento figli, a seguito di separazione o divorzio, non viene meno al raggiungimento dei 18 anni. La Cassazione ha infatti sancito che l’obbligo cessa soltanto laddove sia data dimostrazione che il figlio maggiorenne sia ormai economicamente indipendente (avendo un proprio reddito) o che è stato posto nelle condizioni di ottener l’indipendenza economica, o, ancora, sia provato che il mancato reddito e la disoccupazione del figlio, dipende da una sua inerzia o pigrizia.
Segui Termometro Politico su Google News
Scrivici a redazione@termometropolitico.it