Ricalcolo pensioni giugno 2019: Brambilla “tagli fino al 40%”, parla Brambilla
Ricalcolo pensioni a giugno: molti pensionati dovranno restituire una parte dei soldi ricevuti tra gennaio e marzo, la critica dell’economista Brambilla
Ricalcolo pensioni giugno 2019 – A giugno 2019 scatta il taglio alla rivalutazione delle pensioni (durerà per tre rate quindi anche a luglio e ad agosto). In pratica, molti pensionati dovranno restituire una parte dei soldi ricevuti – in seguito alla rivalutazione dei trattamenti (totale di 100 milioni di euro) – tra gennaio e marzo secondo quanto disposto dall’ultima Legge di Bilancio.
Ricalcolo pensioni: taglio alle “pensioni d’oro”
Saranno soggette al ricalcolo le pensioni di circa 5,6 milioni di italiani, cioè quelli che ricevono un trattamento pensionistico superiore a tre volte il minimo, quindi, da 1.522 euro in su. Sugli assegni la rivalutazione pesa già da aprile: adesso, però, è arrivato il momento di applicarla ai tre mesi precedenti. “Nel mese di giugno 2019 viene recuperata la differenza relativa al periodo gennaio-marzo 2019” si legge in una recente nota licenziata dall’Inps. Sempre da giugno poi, sempre per effetto della Finanziaria 2018, al via anche il taglio alle cosiddette “pensioni d’oro”, ossia i trattamenti pensionistici di importo superiore ai 100mila euro lordi annui.
Ricalcolo pensioni: cosa ne pensa l’economista Brambilla
Duro su questo provvedimento in particolare l’economista Alberto Brambilla, presidente del Centro studi Itinerari previdenziali, per cui il ricalcolo in realtà sarebbe un vero e proprio taglio. In generale, “più corretto sarebbe definirlo un incremento tra il 15% e il 40% di imposte su pensioni peraltro già assoggettate a una tassazione superiore al 40%. Un taglio che genererà entrate per lo Stato per circa 70 milioni di euro l’anno, per un totale di circa 350 milioni, considerata la durata quinquennale della misura che grava su pensioni già assoggettate a una forte tassazione e che non beneficiano di alcuna agevolazione o deducibilità”.
Sempre Brambilla poi precisa “che ci siano più di 8 milioni di pensionati su 16 milioni con prestazioni tra i 400 e i 750 euro (pensioni sociali e pensioni di invalidità con indennità di accompagnamento) è vero, ma lo è altrettanto il fatto che, proprio perché totalmente o parzialmente assistiti dallo Stato, significa che i beneficiari di queste prestazioni di imposte e contributi ne hanno pagate pochi nell’arco della propria vita lavorativa, e sono stati dunque per 65 anni a carico della società che, giunti all’età della pensione, provvede ancora al loro mantenimento”.
Secondo Brambilla la politica “dovrebbe essere al corrente del fatto che i circa 29mila soggetti cui taglierà brutalmente la pensione sono proprio quell’1,13% di italiani che pagano il 20% di Irpef contro il 3% di Irpef pagata dal 50% dei contribuenti totali, tra i quali ci sono proprio i beneficiari delle pensioni minime che, per legge, non sono sottoposti a imposte”.
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