Il giornalismo 2.0 sbugiarda il complotto mondiale delle piantine di basilico
È estate, fa caldo. Il telegiornale consiglia di bere molta acqua e stare all’ombra, farnetica di bombe d’aria, d’acqua e d’afa – basta siano bombe – mentre gli scaffali dei supermercati si riempiono di piantine. Prezzemolo, salvia, basilico, rosmarino, li vediamo e li compriamo tutti, io per primo. Stamattina, seduto sulla tazza dopo una nottata particolarmente funky, per non pensare a quanto schifo ho fatto leggo cose a caso in Internet e scopro che nel 2016 Vice aveva fatto un’inchiesta paurosa, caduta nel nulla probabilmente a causa dei poteri forti.
Titolo: “Se le piantine di basilico si seccano non è colpa tua”.
Le mie competenze di botanica sono le stesse del signor Ciribaldo Bau di professione “togo el redito de citadinansa”, non sono riuscito a laurearmi manco in scienze della comunicazione, ho un passato da manovale nell’entroterra veneto. Sono quindi attratto da questo titolo, perché nella mia sconfinata ignoranza ho sempre pensato che le piante basta tenerle al sole e dar loro acqua perché crescano.
Sbagliavo.
La giornalista spiega che non c’è verso le sue piantine sopravvivano “che siano al sole o all’ombra, annaffiate o meno”. Quindi ha cominciato a farsi delle domande, entrando così in un’inchiesta più grande di lei. Dopo una ricerca in Internet, ecco l’indizio:
“Tutte le teorie, comunque, hanno a che fare con un qualche trattamento speciale e col fatto che le piante finirebbero sugli scaffali del supermercato esattamente all’apice del loro splendore. Da quel punto in avanti segue inesorabile un rapido declino, perché le piantine sono programmate per non avere molto da vivere una volta acquistate. Una condanna a morte già scritta, che si consumerà nella vostra cucina”.
Cosa.
“La spiegazione della loro obsolescenza programmata è che dopo una settimana sarete ancora in coda alla cassa, pronti ad acquistarne un’altra. Del resto costano solo un paio di euro, anche se alla lunga può diventare un hobby costoso. Se la teoria è corretta, i supermercati via via possono guadagnarci parecchio”
Immagino anni di lavoro tra biologi strapagati per riprogrammare il DNA delle piante di basilico dell’Esselunga.
La giornalista a quel punto interroga il banco reclami del supermercato. Chissà cosa si prova a stare dietro quel banco di lunedì mattina e vedere arrivare questa tizia che domanda quali gombloddi state nascondendo, maledetti, dietro la morte della mia pianta di basilico. L’assistenza le spiega che sì, le piante vengono cresciute in modo speciale per essere belle. Scopre così che il basilico nei vasetti non è una pianta sola, sono tante, e dopo aver fracassato i marroni a poveretti dice en passant che alcune teorie proporrebbero di piantarle a terra, ma probabilmente è tutto falso.
Ora, nel nome di Dio.
Quello che si compra all’Esselunga è un pacchetto. Tenere il basilico lì e stupirsi se muore è come ordinare da Amazon un aspirapolvere, appoggiare il pacco per terra, guardarlo a braccia incrociate e dopo 12 ore dire “cazzo, non funziona, gombloddo”.
Provo a procedere nella spiegazione passo passo, come se lo stessi spiegando a un falegname di Mestre, dato che probabilmente un genovese alla fine dell’articolo si è dato alla lotta armata. Se ci sono riuscito io, ci può riuscire anche un imbecille.
Si compra un vasetto di basilico. Si estrae il blocco terroso, poi con garbo si smembra isolando ogni piantina. Si trovano vasi del condominio abbandonati o incolti, si ficca un dito nella terra, ci si infila una piantina, si richiude. Si ripete l’operazione tenendo una piantina distante dall’altra una decina di centimetri, si compatta, si innaffia subito. Poi le si bagna con l’acqua del rubinetto al mattino prima di andare al lavoro e la sera quando si torna a casa.
Questo è il risultato dopo qualche settimana.
Si potano dall’alto, un centimetro sopra l’attaccatura delle foglie, per evitare che mettano fiori. Creperanno ai primi freddi, perché sono piante stagionali. O forse sono sbadatamente riuscito ad hackerare il loro DNA, vai a saperlo.