Chi percepisce la pensione di invalidità può dover incorrere alla restituzione di somme indebitamente percepite? E cosa fa l’Inps? Un caso di questo tipo è stato recentemente trattato da SalvisJuribus, che ha illustrato un episodio di giurisprudenza che ha visto contro l’Inps e una signora con invalidità all’80% (riconosciuta dal 1984). La signora in questione, nell’anno 2018, è stata interpellata dall’Inps per la restituzione di somme indebitamente percepite nell’anno 2015, ovvero tre anni prima, per via di un ricovero in una clinica le cui spese, secondo un documento redatto da un Centro di assistenza fiscale, erano totalmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale. La questione, come fa bene il sito legale, va trattata sotto più aspetti differenti.
Pensione di invalidità da restituire? Cosa fa l’Inps
La signora ha fatto infatti ricorso tramite legale contro il provvedimento Inps, secondo la stessa viziato per alcune ragioni. La prima tra queste riguarda la prescrizione. In base a quanto riporta la Legge n. 412/1991 (articolo 13, comma 2), l’Inps è tenuto alla verifica annuale dei requisiti reddituali dei pensionati allo scopo di agire su somme ormai erogate ma indebitamente percepite. “L’Inps procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza”. Il legale della signora ha evidenziato come tale articolo svicoli dalla norma generale, stabilita dall’articolo 2033 del Codice Civile che definisce decennale il termine della prescrizione. Quindi, è stata posta all’attenzione la grande distanza temporale tra la verifica annuale e la pretesa di riavere indietro le somme erogate 3 anni prima.
Il provvedimento non deve essere generico
Altro aspetto considerato dal legale della signora è risultato essere la genericità del provvedimento, che non permetteva alla signora di avere le informazioni contabili a cui fare riferimento e indispensabili per valutare la richiesta Inps. Tra la documentazione presa in esame, vi era però una dichiarazione di ricovero relativa al 2015, che però peccava troppo di genericità e mancanza di dettagli fondamentali per comprendere le ragioni e i riferimenti su cui si basava l’Inps.
Gli errori nella documentazione
Infine la documentazione presa a riferimento, che manifestava degli errori. A cominciare, per l’appunto, dall’informazione secondo la quale la retta della struttura nella quale la signora era stata ricoverata fosse stata interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale, condizione che determinerebbe la decadenza dei requisiti per percepire la pensione di invalidità. Eppure, come riporta Salvis Juribus, “la signora, per la compilazione del modello RED, tramite il CAF, aveva dichiarato di pagare con le proprie risorse una parte della retta di residenzialità in struttura per disabili negli anni 2014-2015-2016”, mentre la restante somma era a carico dell’ULSS di Verona. Sulla documentazione vi era dunque una svista, un errore che di fatto ha modificato l’intestatario della retta, non definendo precisamente i soggetti in questione.
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Infine, anche “nel modello RED 2018 risultava che la persona era ricoverata negli anni 2016 e 2017 presso la struttura con una determinata parte di retta a carico proprio”, elemento chiave, questo, che ha proceduto alla rettifica della precedente dichiarazione. Va infatti precisato che l’importo della pensione di invalidità, in caso di errori nell’erogazione della stessa, non può essere restituito dall’Inps, fatta eccezione per i casi di dolo, ovvero per quelle eventualità in cui il beneficiario abbia agito per inganno, raggiro o truffa.
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