Prezzo petrolio: quotazioni in ribasso a livello mondiale, ecco perché
Prezzo petrolio in calo, colpa del calo della domanda mondiale e dell’atteggiamento degli USA, che continuano a produrre e creare scorte
È certamente una buona notizia per gli automobilisti e i consumatori, se questo calo si trasmetterà ai prezzi della benzina. Tuttavia scompiglia alcune previsioni e certi equilibri che si pensava si stessero stabilizzando.
Il prezzo del petrolio nell’ultimo anno è stato sull’altalena, dopo un picco di quasi 86 dollari al barile raggiunto nell’ottobre 2018, vi è stato un brusco calo che ha portato il brent a poco più di 50 dollari al barile intorno a Natale. Dopodiché la quotazione è risalita, arrivando a quasi 75 nell’ultima parte di aprile.
Da allora è ancora calo, fino a quando il 12 giugno si è tornati sotto i 60 dollari al barile. C’è chi prevede che si possa toccare il minimo annuale, e magari arrivare a quello natalizio.
Come mai sta accadendo questo? Come al solito si intersecano diversi fattori, sia dal lato della domanda che del’offerta
Prezzo petrolio, il calo della domanda si unisce all’aumento dell’offerta USA
Certamente influisce il fatto che secondo l’EIA, l’Energy Information Administration, la domanda mondiale sarà nel 2019 minore del previsto, di circa 16 mila barili al giorno.
Contano i timori di rallentamento dell’economia mondiale, frenata anche dalla lunga guerra commerciale tra USA e Cina.
Ma è determinante la scelta americana di non tagliare la produzione, bensì di mantenerla inalterata, a 12 milioni di barili al giorno e più.
Una conseguenza è che sono molto aumentate le scorte USA, cresciute a 6,8 milioni di barili, +3,2 milioni da inizio anno. Nonostante la crescita dell’attività di raffinazione e delle importazioni di petrolio dall’estero.
È chiaro che la presenza di queste scorte è un’altra spinta verso un calo del prezzo del greggio.
A cercare di controbilanciare questa tendenza ci pensa come al solito l’OPEC, che nel prossimo incontro di Vienna il 25 giugno con tutta probabilità manterrà inalterata la politica di tagli alla produzione già implementata da tempo allo scopo di impedire un eccessivo calo dei prezzi.
A contribuire a questa vi sono anche i problemi interni in Libia e Venezuela che impediscono lo sfruttamento del potenziale produttivo e le sanzioni all’Iran.
Basterà tutto ciò a frenare la diminuzione delle quotazioni del petrolio?