A che punto sono le nomine per i ruoli politici più prestigiosi dell’Unione Europea? Ancora in alto mare. Il quadro politico emerso dalle elezioni dello scorso 26 maggio aveva del resto fatto intuire la difficoltà di trovare un accordo in tempi brevi. È ancora incerta la stessa composizione della maggioranza parlamentare. In particolare, non è ancora chiaro se ci si limiterà al trio Popolari-Socialisti-Liberali o se entreranno nel governo europeo anche i Verdi.
La riunione del Consiglio del 20-21 giugno, che riunirà i governi dei 28 stati membri, dovrà quantomeno iniziare a dipanare la matassa. Le cariche in gioco sono quelle decisive per determinare l’indirizzo politico ed economico dell’Unione Europea. Si va dalla Presidenza della Commissione alla guida della Banca Centrale, dall’Alto Rappresentante per la Politica Estera ai presidenti di Consiglio Europeo e Parlamento Europeo.
Guida della Commissione Europea: il turno di una donna?
Ad essere sotto accusa, perlomeno in merito alla presidenza della Commissione, è il metodo degli spitzenkadidat. Secondo il quale ad essere nominato alla carica presidenziale dovrebbe essere uno dei nomi espressi dai partiti di maggioranza prima della consultazione. Manfred Weber, candidato del partito di maggioranza relativa, il PPE, non sembra essere gradito agli altri gruppi decisivi per gli equilibri politici dei prossimi cinque anni. In particolare se l’alleanza che guiderà l’Unione Europea dovrà includere anche i Verdi.
Weber in particolare non è nelle grazie di Macron, attore principale dei Liberali e decisivo per la formazione della maggioranza. Il presidente francese potrebbe puntare su Margrethe Vestager, ex commissaria alla Concorrenza, una dei nomi inseriti nella rosa proprio dai liberali. La Vestager è nota per la sua attività di contrasto all’evasione fiscale delle grandi multinazionali tecnologiche americane, più volte multate durante lo scorso quinquennio.
Rumors si sono addensati inoltre intorno alla figura di Angela Merkel, anch’essa nome gradito a Macron alla guida della Commissione o del Consiglio. “Mutti” vive attualmente una situazione incerta in patria, dove il governo di grosse koalition traballa dopo la debacle socialdemocratica alle ultime consultazioni. Merkel potrebbe dunque anticipare la sua uscita di scena, prevista per il 2021, e accettare una carica di grande rilievo in Unione Europea.
Ma per la successione di Jean-Claude Juncker, o per qualche altra carica di rilievo, potrebbe essere nome forte anche quello di un altro liberale, Guy Verhorstadt. Altra figura in ascesa è quella di Michel Barnier. Il connazionale di Macron ha scalato posizioni nel gotha della politica europea in seguito all’intransigenza con la quale ha gestito l’affaire Brexit.
BCE, la chiave della prossima Unione Europea
Per quanto riguarda la questione BCE, ad essere in pole position è Jens Weidmann, la cui fama di “falco” potrebbe essere – in caso di nomina – fonte di grossi problemi per l’Italia. Roma è impegnata già oggi nell’evitare i rischi connessi all’avviamento della procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea. In realtà Macron preferirebbe evitare la nomina di Weidmann, giudicata non in linea con la politica economica anti-austerity che il presidente francese vorrebbe in Europa nei prossimi cinque anni.
Dietro le idee di Macron c’è dunque un calcolo politico. Se Merkel venisse nominata alla Commissione o al Consiglio, Macron potrebbe imporre un francese alla BCE. I nomi che girano sono quelli dell’attuale governatore della Banca di Francia, Francois Villeroy de Galhau, dell’ex membro del board esecutivo di Francoforte Benoit Coeure, ma anche quello dell’attuale direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde.
In sintesi, dopo la riunione di questo fine settimana avremo un quadro un po’ più chiaro sui prossimi cinque anni di politica comunitaria. Se non dovesse essere trovato un accordo, è probabile una nuova riunione a fine mese o all’inizio del prossimo. L’attuale Commissione Europea ha intanto messo le mani avanti, affermando di essere disponibile a restare in carica per l’esercizio provvisorio se entro il 1 Novembre, data di teorico insediamento dei nuovi parlamentari, non verrà trovata una sintesi tra gli stati membri.
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