Flat Tax 2020: Salvini “La faremo, Ue se ne faccia una ragione”
Flat Tax 2020: Matteo Salvini “La faremo, Ue se ne faccia una ragione”. È quanto afferma il Ministro dell’Interno, in visita a Washington.
Non ci sono cenni di distensione sull’asse Roma-Bruxelles. Matteo Salvini ha voluto rimarcare, per l’ennesima volta, l’importanza di portare a compimento una riforma fiscale che includa necessariamente la flat tax. Lo ha ricordato il ministro dell’Interno, in visita negli Stati Uniti per un incontro formale con Mike Pence e Mike Pompeo (rispettivamente, vicepresidente e Segretario di Stato degli Stati Uniti).
Salvini a Washington per parlare di geopolitica
Il Ministro dell’Interno ha discusso di economia e geopolitica con alcune delle massime cariche politiche statunitensi. Tra i pochi elementi di frizione, vi è la prospettiva del dialogo con Mosca. Salvini crede che sia meglio dialogare con Putin piuttosto che gettare la Russia nelle mani di Pechino. Riguardo la nuova via della seta – uno dei principali progetti economico-commerciali della Cina per questo secolo -, Salvini sembra essere in sintonia con il partner nordamericano, risaltando la maggior importanza data alla sicurezza nazionale piuttosto che all’economia.
Proprio da Washington, Salvini ha voluto ricordare di far parte “di un governo che in UE non si accontenta più delle briciole. faremo la flat tax e l’UE se ne farà una ragione”.
C’è l’intesa con Di Maio su flat tax e salario minimo
Il vero scoglio da superare per l’introduzione della flat tax sembra essere solo la Commissione europea. Tra i due vice-premier è tornato il sereno grazie agli ultimi incontri conciliatori. Entrambi optano per seguire la linea dura contro Bruxelles e per portare avanti le principali riforme promesse per il 2020. Da un lato, la Lega spinge sull’acceleratore per la flat tax. Dall’altro, Luigi Di Maio chiede l’immediata introduzione di un salario minimo orario.
Entrambe le proposte – che riformerebbero il sistema fiscale e il mercato del lavoro – sono state accolte positivamente dal rispettivo socio di governo. Ovviamente, rimane l’incognita sulla procedura d’infrazione, che potrebbe costare all’Italia, in un principio, lo 0,2% del PIL.
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