A partire dal 1 luglio 2018, le retribuzioni derivanti dai rapporti di lavoro debbono essere versate non più in contanti, ma attraverso mezzi tracciabili. Questo è quanto disposto dalla legge di bilancio 2018, che ha quindi introdotto una importante novità in materia di lavoro. Ma non sempre. Vediamo di seguito quali eccezioni ci sono alla regola generale.
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Stipendio in contanti: qual è il valore della tracciabilità?
Come anticipato, oggi la regola generale è che le aziende e i datori di lavoro debbono corrispondere una retribuzione con modalità tracciabile, rischiando altrimenti sanzioni anche di svariate migliaia di euro. La finalità di tale norma è reprimere la prassi diffusa del lavoro nero e le forti disparità tra datore di lavoro e lavoratore, derivanti da una situazione di lavoro “sommerso”.
Senza tracciabilità, infatti, i dipendenti correrebbero il pericolo di percepire uno stipendio inferiore a quanto disposto dal loro contratto nazionale di appartenenza. Altro rischio sarebbe quello di retribuire i propri dipendenti, evadendo però le tasse. Pertanto, l’obbligo di pagare lo stipendio con assegno o con bonifico bancario o postale o con pagamento elettronico, rappresenta un passo significativo per la tutela dei diritti dei lavoratori, sia se assunti con contratto di lavoro subordinato che impiegati come collaboratori o assunti in qualità di soci di cooperative.
È chiaro che uno strumento come il bonifico permette di risalire all’origine del trasferimento del denaro, facendo facilmente emergere rapporti di lavoro che, altrimenti, rischierebbero di restare nell’ombra.
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Quali sono le eccezioni alla tracciabilità?
La regola contenuta nella legge di Bilancio 2018 ha però alcune eccezioni: non sempre perciò vige il dovere di tracciare il trasferimento di denaro a titolo di retribuzione.
Una prima rilevante eccezione riguarda il lavoro domestico, ovvero quello svolto da colf e badanti. Ciò significa che colui che ha assunto una collaboratrice domestica potrà pagarla, per le prestazioni svolte, direttamente in denaro, senza bisogno di bonifico (solo opzionale), ma a patto che la lavoratrice rientri nel rispettivo contratto nazionale di lavoro.
Insomma, ci deve comunque essere alla base una regolare assunzione con contratto scritto. La legge sul divieto di stipendio in contanti contiene anche altre eccezioni: esse riguardano, ad esempio, i rapporti di lavoro all’interno degli uffici pubblici della Pubblica Amministrazione. Ne consegue che i dipendenti statali (ad esempio un impiegato comunale o dell’Agenzia delle Entrate) possono ricevere lo stipendio in contanti (oltre che ovviamente con uno strumento tracciabile come, ad esempio, un assegno).
Tuttavia, in virtù della legge n. 214 del 2011 (il cosiddetto provvedimento “Salva Italia”), oggi è vigente il limite di 1.000 euro di retribuzione in contanti per i dipendenti pubblici. Oltre quella cifra occorrerà avvalersi di uno strumento tracciabile.
In conclusione e per completare il quadro, richiamiamo in sintesi altre eccezioni alla regola generale. Non vale la tracciabilità per altre forme di reddito derivanti da attività di amministratore di società, borse di studio e lavoro autonomo occasionale.
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