È la sera dell’8 febbraio 1981 a Ballymany, un maneggio dell’Irlanda a 50 chilometri da Dublino. Nella casa dei Fitzgerald, gli stallieri, qualcuno bussa alla porta. L’orario non è dei migliori e va ad aprire Jim, padre di sei figli. Si trova davanti due uomini con il passamontagna e le pistole in pugno.
«Buonasera, siamo qui per Shergar» dice uno.
Jim è confuso: «Ma Shergar è un cavallo.»
«Lo so. Ora lo prendiamo, lo portiamo via, e poi per riaverlo ci danno due milioni di sterline.»
Definire Shergar solo un cavallo, in realtà, è riduttivo. Negli anni ’80 era il più famoso cavallo da corsa del mondo, vinceva i derby uno dietro l’altro, la folla lo adorava anche perché aveva uno stile tutto suo: correva con la lingua di fuori. Oggi probabilmente l’avrebbero chiamato Miley Cyrus. Gli irlandesi sono innamorati dei cavalli, ci scommettono a sangue, e Shergar era valutato sui 15 milioni di sterline.
I suoi proprietari erano Aga Khan – miliardario musulmano – e ben altri 34, che ne possedevano ognuno una quota di 382,000 sterline.
Aga Khan ne aveva sei.
Jim non ha niente in contrario, dopotutto Shergar non è suo. Alza le mani e viene condotto dagli uomini nelle stalle. Nel tragitto sbucano altri quattro tizi, tutti armati e col volto coperto. Tirano fuori il cavallo e dal buio emerge un’auto con dietro il carretto che si usa per il trasporto. Lo infilano dentro, poi minacciano Jim costringendolo a salire in macchina con loro e partono.
Dopo tre ore lo mollano in mezzo alla strada e ripartono.
Jim è felice di essere vivo e invece di telefonare alla polizia corre verso casa per assicurarsi che la sua famiglia stia bene. Appurato questo alza il telefono e chiama Ghislain Drion, manager della struttura, che a sua volta telefona a Stan Cosgrove, il veterinario del cavallo che tra le altre cose era proprietario di una delle quote del cavallo. Stan a quel punto telefona a Sean Berry, suo amico ma anche ex poliziotto. Stan telefona ad Alan Dukes, ministro delle finanze irlandese. Dukes ha la consegna dei bilanci e non ha tempo per queste cose, così “passa la palla” al ministro della giustizia, Garda, che lo viene a sapere quando oramai sono le 4 di mattina.
Garda è il primo a rendersi conto dell’enormità della cosa e fa tirare giù dal letto ogni possibile poliziotto, ma c’è un problema: l’indomani c’è una corsa di cavalli importante, e l’intera Irlanda pullula di macchine che si tirano dietro carrettini di cavalli.
Controllarle tutte è impossibile.
Passano i giorni e i sequestratori si fanno vivi per chiedere il riscatto, ma c’è un altro problema: gli idioti non erano a conoscenza degli altri proprietari del cavallo, pensavano di trattare solo con Aga Khan. Invece ognuno dei 34 ha diritto di parola nella trattativa, ed è un diritto di parola bello grosso. Immaginate cos’è mettere d’accordo 8 condomini su un vaso di geranei, poi provate a immaginarne 34 e al posto dei geranei metteteci 382.000 sterline.
Iniziano ad accapigliarsi tra di loro come belve mentre il tempo passa, i rapitori capiscono che non verranno mai a capo di nulla e dopo una decina di giorni e migliaia di telefonate dicono “Shergar ha avuto un incidente, è morto” e riattaccano.
Nessuno ha mai visto il corpo del cavallo, né sono riusciti a trovare i rapitori. Alcuni credono Shergar sia rimasto vivo ancora per anni, e che ingravidasse giumente di nascosto. Molti indizi portano all’IRA che cercava fondi. L’Irlanda rimase profondamente scossa dalla storia, era più o meno come se avessero rapito Ronaldo, per intenderci.
Erano anni in cui si poteva ancora sognare di cavalli rapiti e tornare con la memoria all’eroe del nostro tempo di Lermontov. Tragico, romantico ed eterno insieme. La BBC, ovviamente, ci ha fatto un documentario bellissimo.