Nel pieno rispetto del principio dell’autonomia privata e quindi della possibilità di regolare i propri interessi come si vuole, anche nei contratti di apprendistato, è possibile il licenziamento apprendista. Però ciò secondo specifiche modalità: vediamo quali.
Licenziamento: cos’è il contratto di apprendistato?
Preliminarmente, diamo un inquadramento del cosiddetto contratto di apprendistato. Esso non è altro che una particolare tipologia di contratto di lavoro, finalizzata, da una parte, a far sì che un giovane entri in contatto con il mondo del lavoro e svolga un periodo di pratica sul campo e di formazione; dall’altra il datore di lavoro potrà così valutare se il giovane in questione è il profilo adatto alle mansioni da svolgere.
L’azienda, in queste circostanze, potrà peraltro avvalersi anche di agevolazioni retributive e contributive. La legge vigente disciplina l’apprendistato come un contratto di lavoro a tempo indeterminato, posto però a garanzia della formazione del giovane. Infatti, è esplicitamente mirato a formare e favorire l’occupazione giovanile. È da redigersi sempre in forma scritta ed, obbligatoriamente, deve contenere tutte le indicazioni ed istruzioni legate alla formazione che il datore di lavoro deve dare all’apprendista.
Si tratta di un vero e proprio dovere di formare, dato che in caso di inadempimento, è prevista una sanzione. La sua durata minima è pari a 6 mesi e sono ammessi periodi inferiori soltanto se espressamente previsti nel CCNL di categoria.
Come funziona il licenziamento dell’apprendista?
In sostanza, il licenziamento dell’apprendista segue regole non dissimili da quelle del lavoro dipendente in generale. Debbono quindi sussistere valide motivazioni o ragioni, quali il giustificato motivo oggettivo o soggettivo o la giusta causa.
Per giustificato motivo oggettivo intendiamo un licenziamento dovuto a ragioni economiche, legate all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. Invece, per giustificato motivo soggettivo, si fa riferimento ad un’inadempienza del lavoratore rispetto agli obblighi contrattuali.
La giusta causa porta invece a quello che è definito licenziamento in tronco, senza obbligo di preavviso, in quanto legato ad un comportamento del lavoratore così grave dal punto di vista disciplinare, da non poter – in alcun modo – consentire (anche provvisoriamente) la continuazione del rapporto di lavoro.
Se ti interessa saperne di più su alcuni esempi di licenziamento per giusta causa, clicca qui.
Nella prassi, laddove il lavoratore apprendista noti che il licenziamento non rientra nelle tipologia suddette ovvero non ne rispetta i criteri, potrà impugnare il provvedimento del proprio datore di lavoro, rivolgendosi al giudice. Quest’ultimo, poi, potrà eventualmente stabilire, con sentenza, sia il reintegro del dipendente apprendista sia il risarcimento dei danni.
Circa la questione del preavviso, in caso di contratto di apprendistato, il licenziamento (a meno che si tratti di licenziamento in tronco) deve essere notificato con un determinato preavviso, altrimenti scatterà il pagamento di un’indennità come disposto nel contratto.
Al fine della concreta determinazione del numero di giorni di preavviso, la legge impone di guardare al periodo di preavviso previsto per il livello a cui si era inquadrati per le mansioni da apprendista; non rileverà quindi il livello raggiunto al termine del periodo di apprendistato.
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