Usa-Iran: ulteriore tappa nella preoccupante escalation in corso in queste settimane. Da lunedì nuove sanzioni imposte da Washington colpiranno direttamente la Guida Suprema della Repubblica Islamica – l’ayatollah Khamenei – e altre figure di spicco dello stato iraniano, tra cui il ministro degli Esteri del paese Zarif. La mossa americana rischia di avviare un cortocircuito molto pericoloso, col rischio che la tensione diplomatica possa sfociare in ambito bellico.
Infatti, per il portavoce del ministro degli Esteri d’Iran Zarif le nuove sanzioni chiudono in maniera permanente il dialogo diplomatico tra i due paesi. Detto questo, per lo stesso Zarif le sanzioni sarebbero “sterili” e da considerare parte del disperato tentativo dell’amministrazione americana di attaccare le fondamenta di un ordine internazionale non più favorevole a Washington.
Il Presidente Rouhani ha addirittura parlato di “segni di ritardo mentale” nel valutare le nuove sanzioni. Con queste viene impedito alla leadership iraniana l’accesso a qualsiasi suo asset negli Usa, escludendola dunque dal sistema finanziario statunitense. Le sanzioni Usa nei confronti dei settori bancario e petrolifero iraniani hanno già messo in grande difficoltà l’economia della Repubblica Islamica.
Usa-Iran: tensioni crescenti
Le sanzioni vanno lette nei termini della risposta USA al recente abbattimento da parte iraniana di un drone statunitense. Per l’Iran il dispositivo volava all’interno dei suoi confini. Gli Stati Uniti affermano che sia stato abbattuto mentre volava nello spazio aereo internazionale, sopra lo stretto di Hormuz. Trump ha però dichiarato che le sanzioni sarebbero state messe in campo lo stesso.
Negli scorsi giorni Trump aveva dichiarato di aver fermato all’ultimo un attacco contro alcune postazioni missilistiche iraniane. Attacco che avrebbe portato fino a 150 morti tra le file della Repubblica Islamica, ma contro cui molti esponenti del Pentagono si sarebbero scagliati. Preoccupati dai rischi di una escalation regionale in un contesto diplomatico già duramente messo alla prova negli ultimi mesi.
Sin dal ritiro americano, fortemente voluto da Trump, dall’accordo sul nucleare stipulato nel 2015 da Barack Obama si era letta l’intenzione americana di andare allo scontro con l’Iran. I fatti di qualche giorno fa, con la querelle intorno agli attacchi a due imbarcazioni al largo dello Stretto di Hormuz, sono stati solo il primo atto di una settimana ad altissima tensione.
Usa: a Washington è scontro domestico sull’Iran
Sulle relazioni Usa-Iran infuria lo scontro anche a Washington. La speaker democratica della Camera, Nancy Pelosi, si è dichiarata in disaccordo con alcune dichiarazioni di Trump secondo le quali l’autorizzazione del Congresso ad un eventuale attacco all’Iran non sarebbe necessaria. Trump intende dunque tirare dritto, eventualmente anche senza l’appoggio del parlamento. Secondo indiscrezioni il tycoon dovrebbe discutere dei dossier siriano e iraniano anche con il presidente russo Vladimir Putin nel corso del prossimo G20 di Osaka.
Gli Stati Uniti tengono però aperta una porta nei confronti dell’Iran. Almeno a parole. Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Bolton ha dichiarato il suo paese pronto ad avviare “veri negoziati” con Teheran. Le sue dichiarazioni sono relative ad una conferenza stampa tenuta da Bolton a Gerusalemme insieme con il presidente israeliano Netanyahu. Dal canto suo l’ambasciatore dell’Iran alle Nazioni Unite Majid Takht Ravanchi ha risposto che il suo paese non negozierà con gli Stati Uniti. Almeno a quando ci sarà quello che il diplomatico ha definito “atteggiamento intimidatorio” da parte di Washington.
A ulteriormente complicare il quadro, dopodomani l’Iran dovrebbe iniziare a non rispettare alcune norme facenti parte dell’accordo di Vienna sul nucleare del 2015. Nonostante con l’Unione Europea siano in corso dialoghi sia per aggirare le sanzioni finanziarie americane, sia per mantenere attivo il patto sul nucleare, Teheran ha dichiarato di non volersi fare ricattare da nessuno. Una mossa che potrebbe mettere in difficoltà le cancellerie europee, impegnate in un complicato gioco di equilibrio tra i due contendenti.
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