Controlli forzosi conto corrente: chi può annullare il reddito di cittadinanza
I controlli sul conto corrente disturbano i cittadini, soprattutto i beneficiari del Reddito di Cittadinanza: alcuni hanno deciso di non farne richiesta
I controlli forzosi sul conto corrente danno fastidio ai cittadini italiani: da un lato è visto come un’intromissione alla propria privacy, dall’altro come un rafforzamento dell’idea che in realtà, i soldi depositati in banca, appartengono a qualcun altro (e possono essere visti da qualcun altro). La lotta all’evasione fiscale è tuttavia una priorità dei recenti governi che si sono succeduti e che hanno cercato di attuare in modi diversi.
Conto corrente: dal prelievo 1992 al controllo “forzoso”
I controlli sul conto corrente, inoltre, fanno ricordare ai cittadini quel prelievo forzoso “dalla notte al giorno” avvenuto nel 1992 da parte del governo Amato. Uno spiacevole promemoria che porta molti contribuenti e risparmiatori a cercare e trovare soluzioni alternative dove depositare i propri liquidi. Naturalmente c’è anche chi fa soldi in nero o derivanti da attività illecite: questo tipo di entrate, infatti, risulta giustamente perseguibile e legittimamente sotto la lente d’ingrandimento del fisco. Più pesante invece redigere una scrittura privata tra amici e parenti per un regalo in denaro o un prestito in contanti. Resta comunque il fatto che tra i beneficiari del Reddito di Cittadinanza, alcuni hanno rifiutato proprio per via dei controlli sul conto corrente e per le sanzioni a cui si può andare incontro: motivazione che già legittima un difetto di causa.
Conto corrente, conto deposito, obbligazioni: cosa è sotto controllo
Un tempo i controlli sui conti erano soprattutto rivolti verso imprenditori e liberi professionisti, ma a oggi non ci sono categorie che siano esenti da monitoraggi fiscali, soprattutto con l’introduzione del RdC. Sarebbe sufficiente un versamento sospetto o movimentazioni altrettanto dubbiose per far scattare l’allarme ad Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza. In caso di movimento sospetto o entrate da fonte poco chiara, potrebbe scattare l’accertamento fiscale e spetterà poi al titolare del conto dimostrare la propria innocenza tramite prove documentali che dichiarino la natura esentasse di quel “presunto reddito”. In ogni caso gli enti preposti (AdE e commissione tributaria), così come la GdF hanno il potere di effettuare controlli su prodotti e strumenti finanziari quali possono essere conti correnti e conti deposito, carte di credito e obbligazioni possedute, perfino i buoni fruttiferi postali.
Nell’Anagrafe Tributaria sono disponibili tutti i movimenti dei titolari dei conti correnti, la gestione del saldo (iniziale e finale annuo), il rapporto tra entrate e uscite, gli accessi alle cassette di sicurezza eventualmente possedute: tutto questo avviene tramite accesso al cosiddetto Sistema di Interscambio flussi dell’Agenzia delle Entrate, ovvero un grande archivio che include tutte le informazioni relative ai rapporti bancari e postali.
La questione privacy
Tuttavia, nonostante ormai sembri quasi sempre più un miraggio, c’è un dato da non sottovalutare: il rispetto della privacy. Le banche, gli istituti di credito e Poste Italiane devono sempre muoversi nell’ambito del rispetto del regolamento previsto dall’ultimo GDPR, dimostrandolo in caso di reclamo da parte di un cliente che avverte che la sua privacy sia stata violata e l’istituto specifico non si sia comportato in modo corretto. Privacy che, paradossalmente, come riporta una nota di SosTariffe, resta uno dei punti deboli del sito istituzionale dedicato al reddito di cittadinanza (si parla, in prevalenza, di informativa sul trattamento dei dati personali e delle modalità tecniche della sua implementazione).
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