Certamente le cure mediche non possono essere considerate sempre risolutive. A volte però non è tanto la particolare situazione contingente a pesare sulle condizioni del malato, quanto piuttosto l’errore o gli errori dei medici, i quali sono comunque responsabili del loro operato professionale. Vediamo quindi cosa è opportuno sapere in tema di responsabilità per errore medico.
Responsabilità per errore medico: perché una legge ad hoc?
Da un po’ di tempo è stata posta in vigore la legge n. 24 del 2017, recante il titolo “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Essa ha la finalità rilevante di disciplinare aspetti e funzioni del medico, al fine di “di prevenire il rischio clinico, ridurre il contenzioso sulla responsabilità medica, arginare la fuga delle assicurazioni dal settore sanitario e contenere gli ingenti costi della cosiddetta medicina difensiva“. È chiaro quindi come siano svariate (e peraltro tutte condivisibili) le ragioni che hanno condotto ad un tale provvedimento legislativo.
È ovvio che l’intento principale di tale legge è offrire una risposta ed una tutela nel caso in cui dall’errore medico sia derivato un danno alla salute. Insomma la normativa intende sanzionare tutti i casi in cui sia provata la cosiddetta responsabilità medica: ciò attraverso la quantificazione di un risarcimento danni, da richiedere in una eventuale causa fatta contro il proprio medico.
Come comportarsi in caso di errore medico?
L’obiettivo del paziente che sia stato vittima di negligenza o scarsa attenzione e professionalità di un medico è chiaramente ottenere un ristoro per i danni patiti. Vediamo allora cosa è importante ricordare. Anzitutto, il paziente deve recuperare documenti e materiale cartaceo, come ad esempio le cartelle cliniche.
Potrebbero essere utili, per non dire determinanti, a provare delle colpe del medico. Occorre poi avvalersi della consulenza e dell’assistenza di un avvocato ferrato in diritto sanitario, il quale si servirà di un medico legale per la perizia, mirata a valutare il danno alla salute e se c’è di mezzo un errore medico.
In sintesi, le strade che la legge consente al paziente che voglia chiedere un risarcimento sono due. È possibile, anzitutto, tentare la conciliazione attraverso un mediatore che proponga un accordo alle parti, anche sulla base di eventuali perizie. In queste circostanze, si hanno sei mesi di tempo per trovare un compromesso tra medico/struttura e paziente. Se non dovesse funzionare la conciliazione, non resterebbe che la causa per risarcimento danni, in cui sarebbero determinanti le prove raccolte.
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Il contesto attuale: conclusioni
In base alla nuova normativa in merito, è abbastanza chiaro che è un po’ più facile ottenere risarcimenti dalle strutture sanitarie, piuttosto che dai medici operanti in esse. Contro gli ospedali, il paziente ha un termine decennale dal danno subito, per attivarsi, raccogliere prove e far valere le proprie pretese. Inoltre, ha un onere della prova, in concreto, meno pesante, dato che dovrà dimostrare il mero danno patito (con documenti o perizie) e non anche il nesso di causalità con la condotta del medico.
Qualora il paziente faccia causa direttamente al proprio medico, c’è un tempo inferiore (5 anni e non 10), e l’onere della prova è interamente a carico del paziente: dovrà dimostrare non solo il danno, ma anche il nesso di causalità tra condotta del medico e danno. La ragione di questa previsione è, con tutta probabilità, tutelare in qualche modo i medici, facendoli lavorare in modo più sereno, attenuando i casi di mancato intervento rischioso. Nel caso, invece, il medico o la struttura siano privati, l’onere della prova è ribaltato: spetterà a questi, infatti, dover dimostrare, con le loro prove, che non è stato commesso alcun errore.
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